Quando San Pio X si scagliava contro i mercanti di uomini — Lombardi nel Mondo

Quando San Pio X si scagliava contro i mercanti di uomini

Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova all’epoca della più intensa emigrazione dalla Bassa Padana, scrisse nel 1887 una durissima ed accorata lettera contro gli “agenti di case speculatrici” che promettevano “il favoloso paese dell’oro” alla povera gente per indurla a partire. Lo pubblichiamo grazie alla collaborazione con l’Archivio Diocesano di Mantova.

 Mons. Giuseppe Sarto, vescovo di Mantova dal 1884 al 1893, prima di diventare Patriarca di Venezia e poi papa Pio X, nel 1887  chiudeva a Castelbelforte il Catechismo salutando 305 parrocchiani che sarebbero partiti per l’America. Si astiene dal formulare un giudizio sul problema che provoca questo massiccio esodo: « se … le bocche sono soverchie ai mezzi di sussistenza e troppe le braccia che dimandano il lavoro », egli da Pastore pensa al futuro religioso di questo ‘esercito’ di partenti; troveranno nel nuovo mondo « i conforti religiosi »?

   

La commozione suscitata da quell’incontro a Castelbelforte viene ridestata nel momento in cui Egli vede passare per Piazza S. Pietro il gruppo avviato verso la stazione e soprattutto alla notizia che presto altri gruppi avrebbero ingrossato le file di « ben più numerose emigrazioni ».

 

Invita il Clero perché si guardi con attenzione a questo fenomeno, si vigili, si illuminino le decisioni, perché non si confondano i progetti con i sogni, col rischio che tante persone incontrino « miserie ben più strazianti lungi dalla terra dei loro padri », semplicemente per « fuggire la miseria del luogo nativo ». Si metta in guardia il popolo dagli « agenti di case speculatrici e impresari di emigrazione ». Che si progetti con prudenza, lasciando all’inizio le famiglie in patria, mettendosi insieme tra amici; una volta esplorata la nuova realtà, si riconosca il « reale vantaggio » e si prepari quindi un « asilo sicuro per tutti». Il Brasile viene segnalato come « impero uno dei più vasti del globo » con una « superficie di quasi otto milioni di Kmq. ». Si faccia conoscere tutto ai « figli del popolo » anche se « la verità partorisce odio ».

 

A quanti partono poi, i parroci procurino i certificati dei Sacramenti e alle famiglie che non lo avessero si dia il Catechismo della Diocesi e il libretto della Dottrina Cristiana. Lui stesso Mons. Sarto è disposto a procurarli personalmente. Da ultimo si raccomandi « a tutti di scrivere sulle condizioni in cui si troveranno » o ai loro Parroci o « direttamente al Vescovo, … che interesserà a loro vantaggio i Vescovi e i Sacerdoti dei luoghi ».

 

Mons. Sarto, mentre rivela una oculatezza pastorale sul problema della emigrazione, è fiducioso che i destinatari, i « contadini » soprattutto, siano in grado di accogliere il messaggio, perché, nonostante i tentativi della Massoneria, essi sono rimasti affidabili: « né tristi né indocili ».

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N. 563

Al Venerabile Clero della Città e Diocesi

DI MANTOVA

 

            Chiudendo Domenica scorsa il Catechismo a Castelbelforte, dove ho fatta la visita pastorale, mentre mi si stringeva il cuore al pensiero, che nel Mercoledì successivo sarebbero partiti per l’America 305 di quei Parrocchiani, non ho potuto far a meno di rivolgere a quei cari presso a poco queste parole:

            « Non s’appartiene a me il giudicare, se i nostri paesi siano di quelli, dove le bocche sono soverchie ai mezzi di sussistenza, e troppe le braccia che dimandano il lavoro; ma comunque sia per altri deciso, io come Padre delle anime devo pur lamentare la partenza di tanti miei figli per luoghi, dove troveranno assai di rado e con grande difficoltà quei soccorsi religiosi, che coll’aiuto di Dio qui ancora non mancano. Lasciare la Chiesa, dove fummo fatti cristiani, dove abbiamo imparato a pregare, abbiamo ricevuta la prima Comunione, abbiamo presa tanta parte alle Feste del Signore, abbiamo sentita la divina parola, per andare in paesi, dove ci verranno meno questi cari conforti, e sarà gran mercé, se qualche volta fra l’anno si potrà incontrare un Sacerdote, assistere alla Messa …. oh è impossibile a questo pensiero non sentire nell’animo il dolore, la pietà, la compassione! Vi raccomando, o figliuoli, di conservar quella fede, che nel S. Battesimo avete ricevuta, di praticare la Religione, e di procurarvi anche lontani quei mezzi, che soli possono sollevare e rendere sopportabili le miserie della vita. Prima della partenza vi prego di presentarvi al vostro Arciprete, dal quale, oltreche raccomandazioni e ricordi, avrete qualche copia del catechismo diocesano, qualche libretto di devozione e i certificati necessari per farvi riconoscere cristiani cattolici; e la benedizione del Signore sempre e dovunque vi accompagni.

            Avrei voluto continuare, ma più che la stanchezza mi opprimeva la commozione: commozione che si ridestò maggiormente Mercoledi, allorchè li vidi passare per la Piazza di S. Pietro diretti alla Stazione della Strada Ferrata, e seppi più tardi da persone degne di fede, che a questa terranno dietro fra breve ben più numerose emigrazioni.

            Di fronte a questo fatto sento bisogno di dirigervi una parola, o Venerabili Fratelli, perché, dando opera ad una delle più commendevoli applicazioni della cristiana carità e dallo zelo pastorale vogliate provvedere al bene di tutti coloro, che sono miei e vostri figliuoli.

            E qui sono persuaso, che questi poveretti indotti dalla indigenza, piuttostoché dalla loro volontà, carichi di famiglia e costretti a trascinare una vita piena di ansietà e di sofferenze, cerchino di migliorare per questa via la loro condizione. Ma, se il gran fine della emigrazione non è soltanto di trovare in estranie contrade un focolare e una patria, bensì di trovare, in compenso del sacrificio che fanno nel doloroso abbandono dei loro cari, una patria migliore e un rnigliore focolare domestico, hanno dunque bisogno di direzione, di consiglio, di aiuto, che voi potete e dovete a loro offerire.

            Procurate pertanto di persuaderli a non lasciarsi trasportare da quel facile entusiasmo, a cui sussiegue immediato il pentimento, di pensar seriamente alla determinazione, che prendono, e di aggiornare l’esecuzione dei loro progetti; perché tutta intera la vita non basterebbe forse a riparare le conseguenze di un passo funesto.

            Che non li determini a questa risoluzione, come motivo influente, il facile o forse gratuito trasporto, che trovasi in armonia coi loro mezzi pecuniari assai limitati, perché non debbano pagare a caro prezzo la generosa profferta col sacrificio di quella libertà, che è il bene più prezioso dell’uomo.

            Che non è la prima volta che poveri contadini eccitati da agenti di case speculatrici e da impresari di emigrazione (anche questi forse colle migliori intenzioni del mondo e senz’ombra di colpa, perché ignari di quei luoghi) mentre si aspettavano di trovare il favoloso paese dell’oro, nonché veder infrante le stipulazioni, per solito puramente verbali, si riconobbero e nel lungo tragitto e nelle terre promesse vittime di inganni, per cui, fuggendo la miseria del luogo nativo, incontrarono miserie ben più strazianti lungi dalla terra dei loro padri.

            Che sarebbe prudente consiglio il lasciare in patria le famiglie, l’accordarsi tra alcuni amici per visitare quei luoghi, senza esporre a rischi così arditi i teneri bambini, le povere donne, i vecchi decrepiti, che potrebbero essere richiamati dopo che con opportuno esperimento fosse riconosciuto un reale vantaggio, e preparato per tutti un asilo sicuro.

            Ma l’argomento, che maggiormente interessa, e che sta tanto a cuore anche a loro, è quello della religione, su cui bisogna insistere di preferenza. Non v’ha dubbio che nei nostri contadini, per quanto si faccia dalla Massoneria, onde pervertirli colle empie massime, che scherniscono la religione, colla lurida stampa, che caratterizza come pregiudizii o superstizioni le pratiche di pietà, e deride come leggende i prodigii, coi quali Iddio si piacque di manifestare le sue misericordie, non ostanti gli sforzi poderosi degli emissarii d’inferno, nei nostri contadini è viva ancora la fede. Nelle nostre campagne, comunque abbiano cercato di corromperle i tristi, troviamo pur molto di quel bene da altri luoghi sbandito: le conquiste della virtù, le tradizioni religiose della famiglia e i cristiani costumi, che sopravvivono al quasi universale scompiglio. Son pur molti, che s’accostano di spesso ai Sacramenti, che non dimenticano le domestiche preghiere, che frequentano i divini offici; e la legge di Dio e della Chiesa è in generale riverita, osservata. Riscontriamo ascoltata con piacere la divina parola, onorata la dignità del Sacerdote, nonostante l’odio e lo sprezzo, onde lo si vorrebbe coperto, e riconosciuti come i beneficii così i castighi, coi quali il Signore ci visita. Troviamo, in una sola parola, morigerati i giovani, ben pensanti gli adulti, i vecchi sensibili al pensiero religioso della morte che li conduce a quel Dio, che li ha creati, e i fanciulli, che alla scuola di questi esempii fanno concepire di loro le più care speranze.

            Non sono dunque né tristi né indocili quelli, ai quali dobbiamo rivolgere la nostra parola; che anzi questa verrà ascoltata tanto più volontieri quanto meglio conosceranno, che animati dal solo desiderio del bene ci adoperiamo per scongiurare da  loro qualunque sciagura. — Siccome poi la mèta, a cui mirano i nostri emigranti, è il Brasile converrà dir loro, che questo impero è uno dei più vasti del globo, che la superficie di quasi otto milioni di chilometri quadrati per metà è pochissimo conosciuta, e che quantunque siavi costituita la Gerarchia ecclesiastica, vi domini il culto cattolico, la S. Sede tenga a Rio Janeiro un Internunzio e l’Imperatore mantenga presso il Vaticano un suo rappresentante, per un territorio così vasto e per una messe così copiosa sono ben pochi i Vescovi e i Sacerdoti, per cui sarà gran ventura, se i nostri poveretti lontani dai centri potranno forse qualche volta fra l’anno ascoltare la Santa Messa, ricevere i Sacramenti, e uno fra cento avere i conforti della fede, prima di passare all’altra vita.— Che conoscano tutto questo i figli del nostro popolo, perché non restino delusi, quando li dividerà da noi il grande Oceano, e non potranno portar rimedio alla loro situazione, perché non ci rimproverino un altro momento il nostro silenzio, e perché anche di queste anime alle nostre cure affidate non abbia a dimandarci strettissimo conto il Signore.

            Né vi arresti dal fare quest’opera di carità il timore di recare a loro disgusto coll’assopire quell’entusiasmo, che li anima per la lusinga di tanti beni promessi, o di eccitare contro di voi le ire di alcuno. La verità partorisce odio[1]; ma se sempre è bello rendere ad essa il dovuto omaggio, tanto più in argomento così rilevante, che interessa la salute delle anime.

            Quando poi conoscerete che dovranno partire, raccomandate colle più calde preghiere, che non manchino di darvene avviso per tempo, onde possiate, 1° offrire a tutte le famiglie un certificato desunto dal Libro d’anagrafi, da cui risulti la Religione cattolica che professa e i Sacramenti, che ciascun individuo ha ricevuto;— 2° donare alle famiglie, che non lo avessero, il Catechismo della Diocesi e il libretto della Dottrina Cristiana, coi quali si possano richiamar dagli adulti e insegnare ai fanciulli le orazioni e le cose all’eterna salute necessarie; (I Catechismi li provvederà lo scrivente quando sia a tempo avvertito)— 3° raccomandare a tutti di scrivere sulle condizioni in cui si troveranno, o a Voi, o direttamente anche al Vescovo, che ben volentieri si manterrà in corrispondenza con loro per interessare a loro vantaggio i Vescovi e i Sacerdoti dei luoghi, nei quali si troveranno, accrescendo per loro il compassionevole affetto in ragione dello spazio, che da noi li divide.

 

Ecco, o Venerabili Sacerdoti, quanto io sentiva bisogno di scrivervi su questo fatto doloroso, che riguardo come il maggiore dei disastri per tanti dei nostri poveri figli, che io vedrei volentieri rimanere in patria, dove non mancherebbero le mani benefiche a portar loro soccorso, per conservar qui col patrimonio della fede la moralità e la pazienza, che rendono sopportabili le condizioni più miserande.

            Del resto fate tutto quel di più, che vi verrà suggerito dal vostro zelo, dalla illuminata prudenza, e dal consiglio di persone assennate, perché, posti nel novero di quegli uomini, che devono far salvo Israele, non restiamo indolenti dinanzi a tante anime, che si espongono al pericolo di una totale rovina.

            Sia con tutti la Benedizione del Signore.

 

            Dalla Curia Vescovile di Mantova,

                        19 Agosto 1887[2].

 

+ GIUSEPPE vescovo

                                       NARCISO Sac. BONAZZI

Cancelliere Vescovile

 



[1] Sarto, sulla base delle citazioni in vari passaggi delle Circolari, deve aver letto Tertulliano (155-dopo il 220) si ispira probabilmente a quanto questo antico autore ha scritto apologeticamente sulla verità; il Quasten infatti rileva che Tertulliano “in una delle sue opere, la parola veritas ricorre centosessantadue volte” e “la verità è l’oggetto dell’odio dei demoni” (J. QUASTEN, Patrologia, Torino, 1980, p. 494).

 

[2] Il Vescovo « emette una Circolare a stampa sulla emigrazione » (ASDMn, FCV, Protocollo degli Atti della Curia…, n. 563, 20 agosto 1887).

 

Un particolare ringraziamento al ricerctore storico  Don Stefano Siliberti e a Mons. Giancarlo Manzoli, direttore della sezione per i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Mantova

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