LE POSTE TASSIANE (16) — Lombardi nel Mondo

LE POSTE TASSIANE (16)

Per www.lombardinelmondo.org presentiamo “Le Poste Tassiane”, uno dei primi, e tra i più importanti, interventi dedicati alla famiglia dei Tasso di Camerata – Cornello (Bergamo), all’origine della posta moderna (italiana ed europea). Enrico Melillo, uno dei maggiori storici della Posta, segue passo passo gli sviluppi di questa casata impegnata in Italia e nell’Europa dei secoli XVI – XIX.
LE POSTE TASSIANE (16)

Stemma tassiano dal 1819

CONTROVERSIE

 

E qui non è vano accennare a qualcuna di quelle contro­versie che ci risultano da documenti originali, i quali o si mantengono ancora inediti o da altri cultori di studi storici furori pubblicati. Nella prima metà del secolo XVII Maffio Tasso presentò alla Serenissima Repubblica di Venezia una istanza in forma di supplica, con la quale chiedeva licenza di organizzare un servizio postale con carri a due ruote tra Bergamo e Venezia, e viceversa. Tale mezzo di trasporto, affatto nuovo in quella linea, trovò vivissime opposizioni nei tre corrieri imprenditori bergamaschi Pietro Maria Manganoni, Massimo Maffi e Pietro Bargnano, i quali, dopo aver inutil­mente invitato in via amichevole il Tasso a ritirare o ad ab­bandonare 1’istanza, si rivolsero all’ Ecc.mo Senato Veneto, perché il nuovo servizio venisse negato.

Il ricorso dei tre corrieri diceva così:

 

Ill. A. Exc. Sig. Rettori,

Dom. Maffio Tassis ecc. non contento di una corriera di S. Ser.ma di Roma e Milano, che solo possedeva, di haver fatto acquisto di due Cavallerie delle cinque di S. Marco di questa città, le è capitato à presentare à piedi di S. Ser.ma la supplica ecc., alla quale dovendo l’EE. VV. per le commissioni, che tengono, rispondere, acciò con maggior fondamento di verità possano ciò fare: Noi Pietro Maria Manganoni, Massimo Maffi e Pietro Bar­gnano possessori delle altre cavallerie, humilissimi suoi Servi, ab­biamo stimato bene riverentemente rappresentarli esser impossibile farli con carettoni il viaggio nel modo e tempo che divisa detto Tasso. Poiché noi Cavallari che cavalchiamo con diligenza, non abbiamo tempo, che ne sopravanzi ecc.

Captiosa riesce ancora la detta supplica à pregiuditio del Pub­blico, mentre il Tassis divisando far i viaggi con li carettoni nel tempo medesimo sono fatti da noi cavallari, dice, che ciò sia senza alcuna alteratione de pagamenti, e minimo pregiuditio dei Pubblici Dacij, e transiti soliti, come in detta sua scrittura. Poichè a noi cavallari da Sua Serenità fu concesso da poter portar trasmessi con pagar certo che per il transito ecc.

 

Questa supplica, che anteponeva l’interesse proprio al progresso di un servizio che con i mezzi proposti diventava più celere e sicuro, venne respinta e Maffio Tasso, con Or­dine del 24 marzo del 1654 ebbe concessa la facoltà di «con­durre merci e trasmessi da Bergamo a questa città (Venezia) e dalla medesima a Bergamo con li carettoni a due rode ecc. ».i

Si ha anche notizia di un Ordine del Magistrato dei Prov­veditori del Comune di Venezia, in data 5 ottobre 1763, il quale proibiva a tutti gli uffici postali privati, a tutti gli agenti, a tutti i procacci, a tutti i messaggeri, non apparte­nenti alle Poste Tassiane d’innalzare o di portare le insegne (il tasso e il cornetto). Questo editto fu provocato dai Tasso in seguito ad abusi di alcuni piccoli imprenditori privati, i quali, lontani dalle linee di quelli o dalle sedi dei maestri di Posta, dei sopraintendenti o del Generalato, profittavano della fiducia e del nome dei Tasso per accaparrarsi il trasporto di corrispondenza, di merci e di viaggiatori. Si videro perciò sui loro uffici gli stemmi di Casa Tasso; i loro pochi agenti indossarono una divisa quasi identica a quella degli agenti tassiani, e poterono così iniziare e perpetrare qua e là una concorrenza, spesso efficace, ma non duratura. Venne in buon punto l’Ordine dei Provveditori che riuscì, se non a sradi­care, a mitigar l’abuso inveterato; ma la lotta non ebbe ter­mine e nuovi ostacoli sorgevano, altri litigi si alimentavano; era la febbre di ostacolare e di screditare quel funzionamento postale; era la bramosia di annientare il monopolio concesso ai Tasso; era la sfrenata ambizione di sostituirsi a costoro.

Chi non ricorda la lotta sostenuta da Francesco Tasso, il grande organizzatore della Posta internazionale moderna, per fare fronte alle spese inerenti al servizio, quando la Ca­mera del Tesoro non rispondeva puntualmente agli obblighi pecuniari verso di lui, e le Poste private pullulavano da per tutto? Egli dovette mostrarsi troppo rigido nella riscossione delle tasse di trasporto, contrarre non lievi obbligazioni, in­taccare il suo patrimonio, chiedere il monopolio completo anche sulle Poste private. Le opposizioni, le proteste, i litigi non si contarono più; fu una ribellione violenta unanime di tutti i concessionari contro la domanda di lui. Ma l’istanza fu accolta; la Camera del Tesoro venne esonerata dal pagare la solita sovvenzione convenuta nei contratti dianzi stipulati; il pubblico vide di buon occhio 1’unicità del servizio; la corrispondenza dei privati seguì il medesimo corso di quella reale ed imperiale, e le Poste private, malgrado una strom­bazzata diminuzione delle tariffe, furono trascurate, abbando­nate, ammiserirono, disparvero, e Francesco Tasso potè, per lunga serie di anni, esercitare in una quiete relativa il servizio internazionale, rifarsi delle obbligazioni, ricostruire ed avvan­taggiare il suo patrimonio, pagare anche un tributo annuo all’imperatore e servire senz’alcun compenso alcune linee principali.

In Baviera poi la lotta per rendere indipendenti le Poste bavaresi da quelle dei Tasso non fu meno tenace e violenta; ma la vittoria restò finalmente anche ai Tasso, che soltanto nel  1706 riuscirono dopo titanici sforzi ad ottenere una let­tera-patente che dava loro la conferma nelle cariche di Mae­stri Generali ereditari delle Poste imperiali in cambio della franchigia assoluta su tutta la corrispondenza della Corte di Baviera Elettorale. Né per questo gl’imprenditori delle Poste private ristettero; chè, anzi, raddoppiarono colà di forza e di audacia, ed altri tentativi essi fecero appigliandosi ad ogni minima irregolarità, a qualsiasi reclamo, al più piccolo ed in­significante inconveniente. Ma la fortuna non li colse ed ottennero effetto contrario, poiché nel 1784 diedero occa­sione a nuovo contratto, che, confermando la lettera-patente del 1706, rendeva più esplicito il diritto dei Tasso nell’eser­citare il monopolio delle Poste bavaresi.

E difficoltà e litigi sorsero anche fra gli stessi Tasso. Si ha infatti notizia di un lungo e clamoroso processo tra Gio­vanni Battista e Simone, a causa di una falsa interpretazione di privilegi loro accordati, relativamente ai limiti della rispet­tiva loro cerchia d’azione. A troncar la questione fu neces­sario l’intervento di Carlo V, per mezzo di Malines, che, nel 1534, riuscì a comporla col pieno soddisfacimento delle due parti.

Né parmi fuor di luogo rammentare la lunga contro­versia che i Tasso sostennero per essere reintegrati dei pos­sessi istriani ereditati da Zanetto, gran maestro delle Poste germaniche. Fu Simone Tasso che, in qualità di procuratore di tutti gli eredi, rivendicò il diritto su quei feudi, avuti in grazia di servizi resi nel campo postale dal morto parente. E vi durò molta fatica; ché non bastarono né suppliche a Carlo V e alla Serenissima Repubblica Veneta (a. 1519), né petizioni ai convenuti di Verona (a. 1520) rappresentanti del­l’uno e dell’altra, e al Senato veneziano. Ne fu interessata vivamente anche la Dieta di Wormazia, la quale finalmente die’ incarico al cancelliere Mercurio di Gattinara di mettersi d’accordo, a nome dell’imperatore, con Francesco Cornaro, ambasciatore veneto accreditato presso la Corte imperiale, allo scopo di formulare le modalità indispensabili alla rein­tegra nel pacifico possesso dei beni lasciati da Zanetto (a. 1521). Ma tale reintegra fu ordinata solo nel 1524 con ducale del 18 luglio firmato dal doge Andrea Gritti e diretta al M. Ret­tore di Pola, ed ebbe effetto nel 1525, I° aprile.

In conclusione la famiglia Tasso trovò in quasi tutti i luoghi ove esplicava la sua attività delle serie opposizioni; ma è pur vero e confortante per noi Italiani aggiungere su­bito che, grazie alla serietà de’ suoi ordinamenti, al carattere internazionale del servizio ad essa affidato, ai mezzi di cui disponeva, quelle opposizioni sistematiche furono in generale vinte, non solo nel proprio interesse morale e materiale, bensì anche pel bene degli Stati e dei popoli. I litigi, le intermi­nabili controversie, 1’intervento d’imperatori e principi e di corpi deliberanti nella soluzione delle più ardue questioni di indole giuridica ed economica, dimostrano chiaramente quanto fosse stata indiscutibile la necessità di doversi valere delle Poste Tassiane, come quelle che meglio rispondevano ai bi­sogni dei tempi. Se i Tasso seppero corrispondere alla fidu­cia che loro si riponeva lo dicono i fatti già esposti somma­riamente nei precedenti capitoli; lo accertano le concessioni onorifiche, i privilegi, i feudi di cui furono onorati in sì larga messe nel corso di cinque secoli da mezza Europa.

 

FINE

 

A cura di Luigi Rossi (Bochum)

www.luigi-rossi.com

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