Missionari pro-indios nel mirino — Lombardi nel Mondo

Missionari pro-indios nel mirino

Alcuni missionari stranieri che operano da anni in Perù a fianco delle tribù indigene e in difesa della foresta amazzonica sono finiti nel mirino del governo, che li accusa di essere agitatori politici più che operatori pastorali e cerca di ostacolare la loro azione. Di Alessandro Armato

Decreto di espulsione per un lasalliano britannico. E si attende la sentenza per il marchigiano padre Bartolini Alcuni missionari stranieri che operano da anni in Perù a fianco delle tribù indigene e in difesa della foresta amazzonica sono finiti nel mirino del governo, che li accusa di essere agitatori politici più che operatori pastorali e cerca di ostacolare la loro azione.

 

Paul Mc Auley, lasalliano britannico, direttore della Red Ambiental de Loreto (RAL), Mario Bartolini, passionista italiano, parroco di Barranquita, José Luis Astigarraga, spagnolo, vescovo di Yurimaguas, Daniel Turley, statunitense, vescovo di Chulucanas, e Francisco Muguiro, gesuita spagnolo, sacerdote de la Vicaría de Jaén, sono stati additati da esponenti della maggioranza di governo come leader occulti delle proteste e sollevazioni indigene degli ultimi tempi.

 

Il fatto cruciale, che ha innescato la reazione governativa, è stata la maximobilitazione indigena e contadina del maggio-giugno 2009, conclusasi con i sanguinosi scontri di Bagua tra manifestanti e poliziotti, in cui persero la vita 33 persone. (clicca qui per leggere la notizia in cui raccontavamo la vicenda su Missionline un anno fa)

 

Il primo ad essere colpito è stato Paul Mc Auley, attivo da 10 anni in Perù nella zona di Iquitos, noto difensore delle cause indigene e ambientaliste. Dal 2006, attraverso la Red Ambiental de Loreto, il religioso denuncia puntualmente le imprese e le istituzioni che danneggiano la foresta amazzonica. Si è inoltre distinto per la veemenza con cui ha accompagnato e difeso le comunità indigene delle zone dei fiumi Marañón e Pastaza.

 

Alcuni giorni fa una risoluzione del Ministero degli Interni ha stabilito per Mc Auley la cancellazione della residenza in Perù, col conseguente obbligo di abbandonare il Paese entro sette giorni, per aver «partecipato a diverse attività di carattere politico, come marce di protesta e altri atti che costituiscono un’alterazione dell’ordine pubblico».

 

A difesa di Mc Auley sono scesi subito in campo i popoli indigeni: Awajun, Wampis, Achuar, Shawi, Candoshi, Shapras, Shiwilo, Kokama Kokamilla, Urarinas, Kichua, Shipibos, Ashaninkas, Witotos, Machiguengas e altre nazionalità dell’Amazzonia peruviana hanno inviato un memorandum al presidente Alan García, al presidente del Consiglio dei ministri, all’ambasciata inglese e ai mezzi di comunicazione in cui chiedono che non si commettano abusi contro «un personaggio che si identifica pienamente con la realtà della Regione di Loreto e la problematica dei popoli indigeni e l’ambiente della nostra Amazzonia».

 

Il capo della Dirección General de Migraciones y Naturalización (Digemin), Juan Antonio Álvarez Manrique, ha specificato che il religioso potrà appellarsi contro la risoluzione. Ma si tratta comunque di un pericoloso precedente perché tutti i missionari e le missionarie stranieri che operano in Amazzonia, in un modo o nell’altro, accompagnano i loro rispettivi popoli quando questi vogliono fare sentire la loro voce.

 

A breve è attesa anche la sentenza che deciderà la sorte di padre Mario Bartolini, missionario di origine marchigiana, da oltre 30 anni in Perù. Su di lui incombe una denuncia penale per aver ostacolato i servizi pubblici e per istigazione alla ribellione nel corso della mobilitazione del 2009. Potrebbe essere condannato a unidici anni di reclusione. La sentenza doveva essere pronunciata lo scorso 15 giugno, ma il giudice Julio César Aquino Medina, del tribunale di San Martín, l’ha rimandata ed è attesa nei prossimi giorni.

 

«Essere credenti non significa accettare l’azione criminale delle autorità che oggi ci governano, dobbiamo dire assassini a coloro che uccidono per denaro», ha detto il missionario dopo il massacro di Bagua. Bartolini è conosciuto per il suo lavoro coi contadini e i nativi della regione di San Martín. È sempre stato al fianco della popolazione quando prima l’impresa Andahuasi e poi il Grupo Romero, uno dei colossi economici del Perù, hanno attentato contro le loro terre.

 

L’associazione missionaria Aloe, della diocesi di Fermo, da cui proviene padre Bartolini, si è mossa per prima per sostenere il missionario, avviando una campagna di sostegno cui è possibile aderire cliccando su questo sito.

 

Dopo i fatti di Bagua anche monsignor José Luis Astigarraga, vescovo di Yurimaguas, è stato denuciato da parlamentari dell’Apra, il partito del presidente Alan García, per presunti delitti contro la sicurezza pubblica, blocco di strade, apologia del delitto di ribellione, eccetera. Monsignor Astigarraga ha dovuto comparire davanti alla polizia, chiarire la sua posizione e fornire documentazione sul funzionamento della radio della sua Vicaria, Radio Oriente, molto attiva durante i blocchi stradali e fluviali del 2009.

 

Il vescovo di Chulucanas, Daniel Turley, è stato stigmatizzato dal governo per il suo appoggio ai contadini della sierra piurana nel 2007, mentre il gesuita Francisco Muguiro è stato accusato da una rete televisiva di gestire una rete terrorista unita al narcotraffico, accusa poi provata falsa nel corso di un processo giunto fino alla Corte suprema.

 

Appare chiaro che un settore della Chiesa peruviana, molto attivo nell’accompagnamento delle popolazioni indigene, intralcia gli interessi congiunti del governo e delle grandi imprese estrattive in Amazzonia. Contro questo settore della Chiesa è in atto una campagna diffamatoria volta a rompere il fronte comune indigeno e a facilitare l’accesso alle terre e al sottosuolo amazzonico alle grandi compagnie, alleate del governo.

 

Fonte: www.missionline.org

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