La quiete dopo la tempesta — Lombardi nel Mondo

La quiete dopo la tempesta

Nuovo contributo di Maurizio Cazzaniga dai Campionati Europei di calcio che si tengono in Ucraina e Polonia. Cogliamo l’opportunità per unirci a lui e condividere il suo invito “E comunque ancora e per sempre: Forza Azzurri!!!

Le emozioni si accavallano. Balotelli segna al 90′. Ireland ko. Ma gli Irish continuano a cantare. Beati loro. A differenza mia amano De Coubertin.

Sulla tribuna stampa di Poznan siamo tutti incollati alle TV per il risultato della Spagna. Altri tre minuti di panico. Arbitro, fischia la fine!!!! Poi noi italiani esultanti: affronteremo l’Inghilterra.

Il dovere mi chiama alla mixed zone. E’ un passaggio transennato istituito dalla UEFA (o sponsors??? ) che i calciatori sono obbligati ad attraversare accanto agli spogliatoi, ma con facoltà di rispondere o meno alle domande dei giornalisti della carta stampata e delle TV, rigorosamente separati da noi volontari. Ma è l’ultimo giorno e le severe direttive che ci impedivano qualsiasi richiesta sono ormai tollerate: l’autografo di Bonucci ad una volontaria polacca che si dice innamorata del difensore italiano, gli occhi chiari all’inverosimile di Buffon e la sua disponibilità ad una fotografia con me, l’inglese friendly del Trap e quello scolastico di Tardelli. Foto di gruppo, prima severamente vietate. Passa De Rossi serio, Balotelli con cuffie e incavolato, Marchisio ancora rosso dalla fatica.

Ho vissuto il dietro le quinte e assistito alle conferenze stampa di Prandelli. Quasi sempre ripetitive e scontate. La consegna del trofeo come Winner of the Match a Pirlo, lo adoro, e Cassano. Incontro nel Media Center vecchi giornalisti italiani che ricordano le loro esperienze, in primis Franco Zuccalà, che mi parla del suo primo europeo quale giovane cronista sportivo nel 1968, con la vittoria dell’Italia in due epiche partite contro la Jugoslavia.

Ho parlato, sempre in English, con tanti giovani volontari che lavoravano nel mio gruppo ed ai quali ho fatto alle volte domande per loro sorprendenti. Tipo: “Qual è adesso il tuo pensiero principale?” Risposta unanime: ” L’università e il posto di lavoro”. Solo Giulia: ” Vivere la vita e prendere il buono che mi offre”.

Ho visitato Berlino, con la Storia (S maiuscola) presente ovunque; città liberata e unita. Il Museo Ebraico, le centinaia di lapidi del Monumento alla Memoria degli Ebrei assassinati in Europa, il Checkpoint Charlie, le porte di Brandeburgo, il Reichstag, il Museo Storico tedesco.

E con Lorena un panoramico giro in barca sul fiume che attraversa il centro della città e alla sera un gelato italiano che faceva da pranzo e cena con un inverosimile numero di nocciole di cui sono ghiotto. Il cameriere, ovviamente italiano, della gelateria Italia Mia mi racconta, con voglia di relazione da isolano sardo: ” Anche qui scandali. Due Presidenti dimissionari, l’aeroporto non terminato nei tempi previsti e con finanziamenti illeciti che stanno venendo alla luce, il costo della vita alto, un hotel 5 stelle fermo nella costruzione per mancanza di fondi”. Angela, con g dura, non tutto luccica, vero???

Filippo e Giuseppe, i miei amici australiani che condividevano il mio stesso appartamento a Poznan, hanno vissuto parzialmente i miei giorni polacchi ma tutto il viaggio di ritorno, dopo la tre giorni iniziale con Lorena, ritornata velocemente in aereo.

Gente d’Italia di cui dobbiamo essere orgogliosi, come tanti altri emigrati che ho conosciuto nelle mie permanenze in Argentina. Lavoratori che si sono costruiti la loro solida posizione economica lavorando sodo. Emigranti negli anni sessanta hanno tagliato canne da zucchero, raccolto tabacco, fatto il muratore e l’elettricista e sono tornati dopo 45 anni nella loro terra natia per riscoprire la loro casa paterna e i parenti mai dimenticati. Il calcio, la loro passione. Unanime amore per l’Italia calcistica e l’Australia come loro riferimento negli sport in generale, troppa la distanza per conoscere le sfumature anche se internet e i satelliti hanno la grande funzione di avvicinare sempre più i distanti.

Nei lunghi trasferimenti, dato che di giorno ero allo stadio per 10/12 ore, mi hanno parlato di questa terra dei canguri e delle barriere coralline, degli open spaces e delle avventure in terre isolate. Affascinante wild land. Nel ritorno, allungando il cammino, ci siamo fermati ad Auschwitz. Scolaresche. All’entrata “Arbeit macht frei” ( il lavoro rende liberi), famoso motto in nome del quale sono state assassinate in questo luogo un milione di persone. Mi colpisce il fatto che le camerate non sono in legno ma di mattone, diversamente da come le avevo immaginate. La camera a gas e l’inceneritore con i forni crematori mi ha veramente paralizzato: stanza rettangolare incrostata di nero, lugubre. Ho cercato di fermare il pensiero e il tempo. Di isolarmi a pensare. Di interiorizzare. Visualizzare. Ricordare. Birkenau estesissima, con la famosa stazione dove arrivavano i treni della morte. Non dobbiamo sterilizzare la memoria sull’Olocausto. I libri di storia per i ragazzi devono mostrare i risultati scientifici che si sono succeduti in questi anni e i negazionisti devono trovare leggi che li condannino anche sul piano delle libertà individuali.

La Repubblica ceca, la verdeggiante Austria, i vigneti del Friuli. Una faticoso ritorno. Ed ora guardo le api che sono tornate a saltellare sul glicine e la lavanda di casa. Operose. L’aria è calda. Le attese colmate dai baci. La quiete del pensiero e del corpo, dopo la tempesta. E comunque ancora e per sempre: Forza Azzurri!!!

MC

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