Un australiano con Mantova nel cuore – terza parte, i primi italiani in Australia — Lombardi nel Mondo

Un australiano con Mantova nel cuore – terza parte, i primi italiani in Australia

In questa parte della nostra analisi raccontiamo le difficolta’ e le sfide che affrontarono i primi emigrati giunti in questa nuova terra

Dopo la fine del sistema penale, l’Australiano, in uno stato di isolamento, inizio’ ad acquisire caratteristiche di indipendenza che lo fecero sentire secondo a nessuno in una nascente societa’ senza distinguo, ma come risultato divenne intollerante e mostrava superiorita’ verso tutti gli immigrati non britannici che avevano scelto l’Australia come nuova casa. Non venne mai meno il sospetto e l’antagonismo verso i nuovi arrivati da altri paesi e questo atteggiamento venne chiaramente dimostrato dopo che le Colonie Australiane si unirono in nazione nel 1901. Venne sperimentato dai primi emigrati italiani quando arrivarono in Australia incoraggiati dal nuovo Governo australiano a lavorare nelle piantagioni di canna da zucchero nel Nord Queensland. Prima del 1906 la quantita’ di emigrati non britannici permessa in ingresso in Australia ammontava a 250 “unita” all’anno. Entro la fine del secolo gia un piccolo numero di italiani era residente nella Colonia. Forse alcuni erano veterani delle miniera d’oro, ma la maggior parte dell’immigrazione comincio’ sul serio dopo il 1907 soprattutto in direzione delle zone di coltivazione della canna tra Ingham e Innisfail. Il paesano italiano, abituato ad una vita semplice ed obbligato solo dalla necessita’ a lavorare a lungo e duramente in condizioni inadeguate in Italia, era immune dal concetto scorretto della superiorita’ da un ospite che non era disponibile ad accettare gli stranieri come suoi eguali. Questo senso di superiorita’ veniva dall’appartenenza all’Impero britannico, ma ricordare all’ospite che l’Impero era proprietario di molte terre di gente primitiva e senza difesa era un modo sicuro di invitarlo al diverbio. Era un atteggiamento portato alla Colonia dalla sede dell’Impero e anche piu tardi, quando la colonia acquisi un governo autonomo, l’emigrato dall’Inghilterra si aspettava lo stesso rispetto che si chiedeva dai neri che abitavano le terre ancora governate dall’Impero. Gli emigrati italiani non ebbero questo tipo di delusione. Erano li per lavorare ed erano preparati a riempire il vuoto creato dalla partenza dei lavoratori di colore una volta finita la schiavitù. Naturalmente ottennero il favore dei datori di lavoro che li impiegavano preferendoli a coloro che avevano precedentemente rifiutato di spezzare l’assioma “lavoro pesante = lavoro nero”. Il secondo giro di razzismo era gia iniziato: per ironia, erano proprio i lavoratori Anglo-australiani che crearono una situazione di odio verso gli altri lavoratori perche’ questi avevano accettato di fare un lavoro che loro stessi avevano inizialmente rifiutato. L’emigrato medio italiano usato per aiutare la piccola fattoria familiare o per lavorare la terra ad una retribuzione che era appena sufficiente a sostentare la sua famiglia, all’arrivo in Australia intravedeva un’occasione unica di iniziare una nuova vita dove c’era tanta terra disponibile per coltivare qualsiasi cosa in quantita’ sicuramente maggiori che a casa propria. Le lotte di secoli lo avevano reso esperto dell’innovazione e dell’adattamento. Il contadino italiano era un ambizioso e, prescindere da qualsiasi senso di invidia, era per questo odiato. In quegli anni, con la sola eccezione del Regno Unito, l’Italia esportava piu emigrati che qualsiasi altro paese e di conseguenza le comunita che avevano il primo immediato contatto cominciarono ad accusare un certo fastidio. Ogni scusa era una buona ragione per criticare gli italiani, soprattutto dopo che avevano cominciato ad acquistare anche loro le fattorie. Cio che gli obiettori dimenticavano era il fatto che prima che uno straniero potesse acquistare una proprieta’ in Australia doveva rinunciare alla sua nazionalita’ e giurare fedelta’ al re che, in teoria, lo rendeva un Cittadino britannico con gli stessi diritti a privilegi di tutti gli australiani. Gli italiani rispettavano le leggi australiane, erano cittadini che si comportavano bene ed erano ben disponibili ad onorare le regole cosi come erano consci dei loro diritti. Il loro standard di vita era simile a quello di tanti australiani ed eccezione del fatto che usavano l’olio d’oliva anziche’ il lardo per cucinare. Erano pronti ad assumere un ruolo nella societa’ australiana. Nella prossima parte, racconteremo piu in dettaglio le vicende piu significative della prima parte del 900.   

 

Fonte: Bruno Ravagnani, “Un australiano con Mantova nel cuore”, Edizioni Mantovani nel Mondo, 2003

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