Una bella riflessione sul viaggio e sull’Africa — Lombardi nel Mondo

Una bella riflessione sul viaggio e sull’Africa

Non bisogna scrivere sul diario della propria vita ciò che ci si aspetta di trovare nel futuro, ciò che ci si aspetta di trovare in Africa o in Europa per esempio, perché difficilmente poi la vita leggerà ciò che abbiamo scritto per lei. Partiamo vuoti, vuoti anche di noi stessi, di ciò che di noi vogliamo cambiare perché il viaggio ci aiuterà a farlo.

Mi chiedo prima di qualsiasi altra riflessione cosa voglia dire raccontare l’Africa attraverso il binocolo del viaggio.

 

Se mi chiedo: cos’è l’Africa? Mi vengono in mente subito le parole di Kapuschinski: l’Africa è un continente troppo grande per poterlo descrivere. È un oceano, un pianeta a se stante, un cosmo vasto e ricchissimo. E‚ solo per semplificare che lo chiamiamo Africa. A parte la sua dimensione geografica, l’Africa non esiste.

 

Il concetto di viaggio è altrettanto difficile per riuscirlo ad abbracciare nella sua complessità. Cosa vuol dire viaggiare? Se si parte lasciando a casa il superfluo, non si può che rimanere nudi, nudi con noi stessi, con il proprio io a fare i conti con l’infinitamente altro che prende vita in ogni persona che incontriamo. Il viaggio è dunque, prima di ogni destinazione, nello stesso momento una partenza per noi stessi ed un pellegrinaggio verso l’altro. Mi viene spontaneo chiedermi anche per quale motivo si inizia un viaggio? „Il porto è un luogo affascinante per quelli che partono e quelli che ritornano, che hanno la forza di volere, il desiderio di viaggiare ed arricchirsi Questo porto, immaginario, descritto in questa frase di Boudelaire, è quel luogo che scopriamo di possedere dentro ognuno di noi, un luogo affascinante e irrazionale. Verso questo luogo di passaggio siamo stati spinti, dalla curiosità e dall’irrequietezza del nostro animo, per iniziare il nostro viaggio.

 

L’Africa che cerchiamo è prima di tutto dentro di noi, un luogo dove poter ritrovare l’immensità dell’altro. L’unico posto in cui, l’animale sociale uomo, ritrova il suo riconoscimento e la sua utilità nell’incontro con l’altro. Non servirebbe dunque partire, siamo circondati da altre persone, basta affacciarsi dalla finestra, l’altro è anche qui. Eppure di queste persone che vediamo, forse, qui non ne abbiamo bisogno, diventano addirittura scomode e magari già stiamo competendo con loro, per un parcheggio, per un lavoro, per un posto in fila… Abbiamo bisogno del viaggio per ritrovare quella nudità necessaria abbandonando il superfluo per accorgerci che esiste l’altro, che ne abbiamo bisogno. E’ dunque il viaggio e l’Africa che corrono in soccorso all’uomo occidentale, al contrario di quanto ci si può aspettare.

 

Come disse un missionario comboniano quando ci si appresta a partire la valigia deve contenere meno cose possibili, meglio se è vuota. Non bisogna scrivere sul diario della propria vita ciò che ci si aspetta di trovare nel futuro, ciò che ci si aspetta di trovare in Africa o in Europa per esempio, perché difficilmente poi la vita leggerà ciò che abbiamo scritto per lei. La valigia, metaforica, deve essere dunque vuota di quelle immagini sull’Africa che abbiamo già pensato dentro di noi, non avrebbe appunto senso partire se ciò che cerchiamo lo conosciamo già. Partiamo vuoti, vuoti anche di noi stessi, di ciò che di noi vogliamo cambiare perché il viaggio ci aiuterà a farlo.

 

Fonte: http://www.inafrica.it

Testo: Daudi

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