1939 – 1945: La resistenza di Giuseppe Barbero prete – sesta parte — Lombardi nel Mondo

1939 – 1945: La resistenza di Giuseppe Barbero prete – sesta parte

In questi primi giorni di marzo si è avviato presso il Tribunale di Mantova un procedimento per un processo intentato da 44 IMI, ex schiavi di Hitler, che chiedono un risarcimento per i due anni da schiavizzati trascorsi nelle fabbriche e miniere naziste. Diamo il via a una breve serie documentaria su questa ancora oscura pagina di storia e Resistenza (foto: la tomba comune dove riposano più di 50 IMI a Hagen).

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Il cappellano militare Giuseppe Barbero ci ha lasciato un toccante memoriale sulla prigionia degli IMI nel Bacino della Ruhr. Ne offriamo alcuni estratti.

 

6 ottobre (1944): suona l‘allarme. Mi avvio al paraschegge, quando già sento il cupo e lugubre rumore degli infernali quadrimotori… Gli apparecchi vengono da sud-ovest; arrivando vicino o sopra lo Stammlager, sganciano a grappoli le loro bombe che vanno a cascare sul centro della città… A migliaia le bombe ci passano sul capo fischiando terribilmente. Oh! Il fischio delle bombe! Vi è altra cosa al mondo più spaventosa e torturante?… Prostrati con la faccia a terra nel paraschegge, il cuore che scoppia, la bocca riarsa per la polvere, lo zolfo, l‘anidride carbonica, si aspetta ad ogni istante la bomba che ci debba colpire, anzi quasi la si desidera: e questo è il più terribile… Sono 15 minuti, sono 30 minuti: ancora non finisce. Le bombe s‘avvicinano sempre più. „Signore, salvateci.“ Uno scoppio formidabile, e macigni sul nostro rifugio ci fanno sussultare con più veemenza, con un tremito indescrivibile. Sono 45 minuti e già ci è parso una eternità. Finalmente il rumore diminuisce, accorrono i pompieri da ogni parte: tutta una città è in fiamme.

Per tre giorni continuarono ad esplodere le bombe a scoppio ritardato. I morti in Dortmund furono calcolati dai 12 ai 15 mila. Alcuni treni carichi di civili e di soldati tedeschi erano stati colpiti in stazione… Alcuni giorni dopo, andai al cimitero per le sepolture, e attraversai la città: quali distruzioni! Nella zona colpita dal bombardamento non vi era più una casa o un muro in piedi. Tutto un cumulo di macerie, non si distinguevano più le strade… Dovunque ossa, pezzi di carne dei poveri colpiti, rifugi colpiti in pieno, sfondati, coperti di macerie, e a cui pompavano l‘ossigeno… Ci avvicinammo a un poliziotto: anche quello ci accolse con un „Heil Hitler – Viva Hitler.“ Maledizione! In mezzo a una città fumante, fra migliaia di vittime, ancora il coraggio di inneggiare al loro tiranno. Eppure ogni giorno decine di volte lo si doveva sentire questo saluto.

Dal mio diario

1° gennaio 1945: apparecchi isolati bombardano Dortmund.

2 gennaio 1945: apparecchi isolati lanciano bombe su Dortmund.

3 gennaio 1945: apparecchi isolati sganciano su Dortmund.

5 gennaio 1945: un apparecchio, furiosamente sibilando, passa sfiorando la nostra baracca e va ad incendiarsi a pochi secondi di volo dalla medesima.

6 gennaio 1945: due apparecchi tedeschi, che ritornano dal fronte e sono stati colpiti, precipitano su Dortmund.

8 gennaio 1945: altre bombe su Dortmund…

12 gennaio 1945: dodici ore di allarmi senza interruzione…

14 gennaio: oggi alcuni soldati italiani si rifiutano di andare a lavorare nelle macerie, dicendo: „Non ci sentiamo più di fare i becchini.“

20 gennaio: un russo tenta attraversare un reticolato interno per andare dai Francesi onde sfamarsi. Una sentinella, vecchia, brutta come la morte, e gobba, gli spara, lo colpisce in faccia e lo uccide.

23 gennaio: gli infermieri mettono in giro trappole per prendere uccelli; i Russi vanno a rubare i bocconi di pane dalle trappole per sfamarsi. Si va alla caccia anche dei topi, e coloro che li mangiano mi dicono che sono un boccone prelibato.

24 gennaio: sono giornate di continui allarmi: nove dieci allarmi al giorno…

28 gennaio: è domenica. Ore 14 grande bombardamento sul sobborgo Brakel di Dortmund. La neve attutisce i colpi delle esplosioni… Due apparecchi colpiti in pieno precipitano su la città.

29 gennaio: altro bombardamento più leggero su Dortmund.

3 febbraio: otto ore di allarme continuo… Alle 19 nuovo grande bombardamento su Dortmund.

4 – 5 – 6 febbraio: tre altri leggeri bombardamenti su fabbriche e sobborghi di Dortmund. Altrettanto avviene su tutte le città della Westfalia e della Ruhr. Gli alleati vogliono stancare il popolo tedesco.

11 febbraio: nella notte tre allarmi… Alle 10 circa celebro la Messa: è domenica. Nel frattempo allarme e bombardamento. Tutti scappano e rimango solo davanti all‘altarino, preparato per l‘occasione. La baracca trema, e io vado pensando meco stesso: „in caso disperato non mi resta che gettarmi sotto il tavolo dell‘altarino.“

16 febbraio: vado alla sepoltura del cap. medico Iezzoni, morto ad Aplerbeck. Alle 13 ritorno. Appena messo piede nel campo, allarme. Il cielo è sereno. Infinità di formazioni vanno, vengono, ritornano, girano su Dortmund, e sganciano su vari punti della città. Il cielo è letteralmente coperto dalle striscie degli apparecchi, dai segnali di sgancio, e dagli scoppi della contraerea. Alcune bombe cascano a pochi metri dalla nostra baracca che vien gettata a terra…

Notte dal 22 al 23 febbraio. Lungo allarme. Quando già ci credevamo sicuri arriva un apparecchio, lancia il suo razzo a poca distanza dal campo, poi un secondo razzo proprio sul campo. Cascano le bombe. Mine ad aria compressa, bombe dirompenti, e centinaia di bombe incendiarie. Le baracche saltano in aria e schiacciano coloro che già erano ritornati. Gli spezzoni le incendiano. Sentiamo grida selvagge di Russi che, schiacciati sotto le baracche, bruciano. Quale aiuto possiamo dare loro? Una bomba incendiaria cade a 50 centimetri dall‘imboccatura del paraschegge dove stavo per uscire: sprofonda nella terra con un fischio acutissimo e non esplode. Grazie, o Signore, della vostra protezione.

Visito il campo, Russi sfracellati, decapitati, sventrati; pezzi di carne qua e là, pezzi di carne umana appesi ai reticolati rimasti ancora in piedi. Un solo Italiano e un solo Francese uccisi, ma quanti feriti!

Ormai le bombe dovevano essere il nostro pane quotidiano. Altre cinque volte verranno ancora a bombardare Dortmund in grande stile. Questa città industrialissima con più di 500.000 abitanti fu ridotta a un vero cumulo di macerie.

Il 19 marzo uno spaventoso bombardamento distrusse la vicina, ridente cittadina di Witten. Parecchi Italiani vi rimasero uccisi.

Finito il bombardamento un Italiano entrò in una bottega in fiamme, per prendersi un po‘ di cibo. Quando uscì, il capo campo tedesco, che lo aveva visto, gli sparò un colpo in faccia a 2 metri di distanza; cadde a terra e il Tedesco non contento ancora, gli sparò due altri colpi alla nuca.

12 marzo 1945: la più terribile e spaventosa giornata della mia vita; visibile e palese la protezione divina.

Ore 16: il cielo è nuvoloso; è suonato l‘allarme e ci avviamo al rifugio. Arrivano gli infernali quadrimotori… Una prima scarica a 500 metri dal campo, poi altre e altre ancora sempre più vicine. Esplosioni e schianti paurosi ci fanno sprizzare sangue dagli occhi e dalle vene… l‘aria ci manca e nel medesimo tempo ci fa scoppiare i polmoni; la bocca è riarsa… Esce allora dal mio labbro l‘invocazione a lungo soffocata: „Nelle tue mani o Signore raccomando l‘anima mia…“ Il bombardamento era durato un‘ora e dieci minuti senza interruzione… Sei Italiani vi hanno lasciato la vita, fra i quali un infermiere, e il nostro carissimo Ludovichetti, che da un anno viveva con noi e che già un fratello aveva visto morire in Germania.

settima puntata (Luigi Rossi, Bochum)

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