Siria, massacri di regime e disinteresse dei paesi occidentali — Lombardi nel Mondo

Siria, massacri di regime e disinteresse dei paesi occidentali

Le proteste della popolazione siriana, analogamente a quelle degli altri paesi arabi, nascono dal disagio economico e dalla insofferenza verso la pluridecennale dittatura che controlla il paese: le repressioni sono in atto ormai da mesi e hanno causato migliaia di vittime. La comunità internazionale sembra però non prendere una presa di posizione decisa e di fatto il paese è ormai sull’orlo della guerra civile.

Quasi ogni giorno le fonti delle organizzazioni umanitarie riportano decine di morti e feriti nelle brutali operazioni di repressione del dissenso siriano. La Siria è una repubblica controllata interamente da un partito, il Baath, che pur ispirandosi a principi socialisti, è in realtà lo strumento per il controllo statuale da parte della famiglia Assad. Dal 1970 al 2000, anno della sua morte, il paese è stato governato con il pugno di ferro da Hafiz al- Assad, ex comandante dell’aviazione militare siriana. L’appoggio dell’Unione Sovietica e la grande rilevanza data alle forze militari nel paese permisero al presidente Assad di mantenere il potere per lunghi anni. Ma i massacri non solo solamente quelli odierni. Appartenente alla minoranza alauita, i cui membri occupavano le più alte cariche dello stato, fu promotore del secolarismo nel paese. Rapidamente i fondamentalisti di credo sunnita si organizzarono per contrastare il potere della famiglia Assad e dell’elite alauita. Gli attentati e le azioni di guerriglia ben presto si acuirono sino al punto di arrivare ad attentare alla vita dello stesso presidente. Nel 1980 la Fratellanza Musulmana (questo era il gruppo religioso più attivo nella lotta contro il regime) arrivò quasi ad uccidere Assad che scampò fortunosamente e che affidò il compito di stroncare il gruppo ribelle a suo fratello Rifat al-Assad. Centinaia di militanti dell’organizzazione islamica vennero imprigionati ed uccisi.
Nonostante l’azione dell’esercito (Rifat era a capo delle forze armate) l’opposizione sunnita al dominio personale della famiglia Assad continuò, sino a sfociare nella rivolta dell’intera città di Hama, nel 1982.  L’insurrezione della città fu stroncata con settimane di bombardamenti e di  azioni da parte dell’esercito e causò un numero di morti impressionante. Non si conosce esattamente il numero delle vittime ma le stime riferiscono di decine di migliaia di morti, sino a quarantamila secondo alcune fonti. E’ evidente che le atrocità commesse per reprimere il dissenso e le responsabilità nella guerra civile libanese furono alla base del profondo isolamento internazionale in cui il paese fu proiettato.  Rifat al-Assad cadde in disgrazia in seguito al fallito tentativo di assumere la guida del paese. Venne esiliato all’estero, ufficialmente in veste di vice-presidente della repubblica.
La Siria dal punto di vista economico è fragile: il controllo dello stato sui principali settori economici è molto forte ed è stato solo in parte allentato da una serie di timide riforme volute negli anni novanta. Di fatto il paese è fortemente dipendente dalle importazioni. Il turismo, molto promettente, è ora bloccato dagli avvenimenti politico-sociali. La Siria, dopo la morte di Hafiz al-Assad, è retta dal figlio Bashar, inizialmente cauto e moderato ma pronto ad essere il degno erede della ferocia paterna. Avversato dalla comunità internazionale ed in particolare dagli USA, Bashar ha proseguito nella linea dittatoriale ed ha mantenuto l’ostilità nei confronti di Israele. Nel 2005 ha però dato l’ordine di ritirare le truppe siriane dal Libano; questo non è bastato a conseguire un nuovo rapporto con gli USA ed i paesi occidentali perchè la Siria sostiene ed arma sia Hezbollah che Hamas (entrambe le organizzazioni sono in guerra con Israele) e non accetta di arrivare a nessun accordo con Israele. Le truppe ebraiche controllano una piccola parte del territorio siriano, le alture del Golan, che la Siria rivendica dal 1967.
Nel mese di marzo del 2011 le proteste, sulla scia di altri paesi arabi, esplodono nuovamente in Siria. Il presidente siriano dapprima le ignora, poi ordina all’esercito di reprimerle. Le città di Hama e di Dar’a guidano le rivolte, ormai diffuse in tutto il paese. Ad aprile e dopo pressioni della vicina Turchia, Assad concede un cambio di governo e la promessa di numerose riforme politiche nonché l’abolizione dello stato di emergenza (in vigore da oltre 40 anni) ma al tempo stesso intensifica le azioni di rappresaglia contro i manifestanti. Ai media non è permesso riprendere ciò che accade nel paese ma i leader delle organizzazioni umanitarie e le opposizioni comunicano quotidianamente al mondo degli arresti arbitrari, delle torture e delle uccisioni che vengono commessi da parte delle forze governative.
Dal punto di vista internazionale solo la Turchia e la Francia sembrano aver preso posizioni molto decise nei confronti della repressione in Siria. Il presidente francese Sarkozy recentemente ha definito “disgustosi” i massacri in Siria. La Lega Araba, dopo aver intimato di fermare i massacri, ha inviato una missione con il compito di tentare una mediazione, guidata da Arabia Saudita e Qatar. Nonostante la presenza degli osservatori, non sono cessate le violenze e le uccisioni. La Francia ha espressamente condannato gli atti di violenza commessi sugli osservatori ed ha ribadito che il presidente Assad incita alla violenza ed è responsabile di quanto sta accadendo.  Dal canto suo la Lega Araba, dopo la presa d’atto del parziale fallimento della missione (diversi osservatori hanno lasciato il proprio compito), ha avvertito che il paese è sull’orlo della guerra civile e che un tale scenario potrebbe avere ripercussioni importanti sui paesi vicini.
E’ auspicabile che il regime siriano crolli rapidamente per poter limitare il numero di vittime e che la comunità internazionale intervenga con decisione per portare il suo pieno sostegno al popolo siriano e alla pace nella tormentata regione medio-orientale.

Ivan Tresoldi

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