I soldati brasiliani in Italia — Lombardi nel Mondo

I soldati brasiliani in Italia

In genere, gli insegnanti di storia nelle scuole italiane spiegano che sono stati gli inglesi e gli americani a liberare l’Italia dal l’occupazione nazifascista. Tuttavia, vi è anche un’altra nazione di grande importanza nella liberazione del nostro paese: il Brasile

 

di Guilherme Balista

 

Seppur all’epoca governato da un regime dittatoriale che guardava con favore al modello fascista (il Nuovo Stato Getulista) dei paesi dell’Asse (Germania, Italia e Giappone), il Brasile ha partecipato alla Seconda Guerra Mondiale con i paesi Alleati (Francia, Inghilterra e Unione Sovietica).

Nel febbraio 1942, gli eserciti tedeschi e italiani iniziarono attacchi sottomarini a navi brasiliane nell’Oceano Atlantico come rappresaglia per via dell’adesione del Brasile alla Carta Atlantica. Ciò portò il Brasile a rompere i rapporti diplomatici con l’Asse il 28 gennaio 1942.

Nonostante mesi di attacchi alle navi mercantili brasiliane, la popolazione del paese, mossa dalla morte di civili e istigata da dichiarazioni provocatorie e arroganti emesse dalla Radio di Berlino, scese in piazza per chiedere una dichiarazione di guerra alla Germania nazista e all’Italia fascista. Il governo brasiliano acconsentì, e riconobbe lo stato di guerra contro i paesi dell’Asse nell’agosto del 1942. Dopo la dichiarazione di guerra, di fronte alla perdurante passività del governo, la stessa opinione pubblica cominciò a mobilitarsi per l’invio all’Europa di una forza di spedizione come contributo alla sconfitta del nazifascismo.

Durante questo periodo, il governo brasiliano fu sottoposto a forti pressioni da parte degli Stati Uniti per consentire alle truppe statunitensi utilizzare porti e aeroporti nel nord-nordest del Brasile, considerati fondamentali alla difesa del continente. Come ricompensa, il presidente Vargas colse  l’occasione per ottenere dagli americani nuovi apparati per le forze armate brasiliane e la costruzione di una grande siderurgica, la Compagnia Siderurgica Nazionale, a Volta Redonda (Rio de Janeiro).

All’inizio di marzo nel 1943, Vargas approvò la proposta del suo Ministro della Guerra, il generale Eurico Gaspar Dutra, suggerendo la creazione della FEB, Força Expedicionária Brasileira (Forza di Spedizione Brasiliana), una delegazione militare composta da 25.834 uomini e donne. Il simbolo adottato dal gruppo, uno scudo con il disegno centralizzato di un serpente che fuma la pipa, fu concepito come una provocazione ai paesi dell’Asse che, all’epoca, sostenevano che sarebbe stato più facile per un serpente fumare che per il Brasile entrare in guerra. Ma il Brasile entrò, fu vittorioso, e il serpente fumò.

Nel luglio del 1943, dopo una convocazione generale, si presentarono circa tremila volontari, ma quasi metà fu rigettata per non avere i requisiti necessari. La maggior parte delle reclute provenivano da classi lavoratrici, come agricoltori, operai e piccoli commercianti, tra cui molti lombardi italo-brasiliani. La prima nave per l’Italia partì il 2 luglio 1944. Prima di raggiungere il suolo italiano, i militi brasiliani sapevano già cosa li aspettava. Il paese era totalmente diviso: da un lato, le forze alleate; dall’altra le truppe naziste.

La fase iniziale della campagna della FEB in Italia ebbe inizio a metà settembre del 1944; con il suo primo contingente a liberare dall’occupazione tedesca la valle del fiume Serchio (a nord di Lucca; risalente a questo periodo le prime vittorie ancora a settembre, con il recupero di Massarosa (LU), Camaiore (LU) e del Monte Prano), e gran parte della zona Gallicano-Barga, dove i brasiliani subirono le prime sconfitte.

Successivamente, a partire da novembre di quell’anno, la FEB agiva già come una divisione completa; per il suo sviluppo nella prima tappa fu spostata ad est dell’ala del V Esercito americano con la missione di espellere dall’Appennino settentrionale le truppe tedesche che impedivano l’avanzata degli Alleati nel settore principale del fronte italiano, sotto responsabilità dell’VIII Esercito britannico (situato tra il centro Italia e il mar Adriatico). Iniziò, così, la seconda e più lunga tappa della FEB in Italia, quando fu commissionata a prendere il complesso formato sul Monte Castello, Belvedere e altre posizioni montuose nei dintorni, nel giro di pochi giorni. Dopo alcuni tentativi infruttuosi nei mesi di novembre e dicembre, i brasiliani compresero che, per raggiungere il successo, sarebbe stato necessario un attacco congiunto da parte di due divisioni contemporaneamente sul Belvedere, Monte della Torraccia, Monte Castello e Castelnuovo di Vergato (BO).

Durante il duro inverno tra il 1944 e il 1945, la FEB dovette fronteggiare temperature fino a meno venti gradi. Molta neve, umidità e attacchi continui da parte del nemico, che attraverso piccole schermaglie cercava di minare sia la resistenza fisica che quella psicologica delle truppe brasiliane, non abituate alle basse temperature. Le condizioni climatiche e le reazioni fisiche si aggiunsero a più di tre mesi di campagna ininterrotta, senza alcuna pausa per ripresa.

Tuttavia, su questo aspetto, l’atteggiamento involontario e aggressivo dei due tentativi di conquistare il Monte Castello alla fine del 1944, unito all’atteggiamento volontario di rispondere le incursioni esplorative del nemico sul territorio occupato dalla FEB, con incursioni esplorative dai brasiliani in territorio nemico, fece sì che i tedeschi e i loro alleati scegliessero un altro settore del fronte italiano, occupato dalla 92ª Divisione statunitense, per la sua controffensiva.

Tra la fine febbraio e metà marzo del 1945, come suggerito dal comandante della FEB, fu data l’Operazione Encore, un avanzo in concomitanza con l’appena arrivata 10ª Divisione di montagna statunitense. Così, furono conquistate, tra altre posizioni, dai brasiliani: Monte Castello e Castelnuovo di Vergato (BO), mentre gli americani presero Belvedere e Monte della Torraccia. La conquista in questo settore secondario, ma vitale, permise l’inizio dell’ultima offensiva primaverile per rompere definitivamente la Linea Gotica, che aveva, finora, impedito l’avanzata delle truppe alleate in Italia verso l’Europa centrale. Nel corso del primo giorno dell’offensiva nel IV Corpo del V Esercito americano, nel quale fu incorporata la FEB, i brasiliani spararono circa 1.800 proiettili di artiglieria del totale dei 2.800 sparati contro tutte le quattro divisioni alleate in quel settore del fronte italiano. Il ruolo dei miliziani brasiliani contribuì a sancire l’impossibilità, da parte delle truppe tedesche, di mantenere da quel momento la Linea Gotica, sia nel settore terziario ad ovest, vicino al mare in Liguria, sia nel settore principale ad est, vicino al Mare Adriatico.

Ancora in questa ultima fase della campagna, nei combattimenti a Collecchio (PR) e Fornovo di Taro (PR), le truppe della FEB si trovarono in inferiorità numerica e circondate. Tuttavia, esse reagirono ad un tentativo di assedio da parte del nemico tedesco, al quale seguì una rapida negoziazione che ottenne la resa di ben quattro divisioni nemiche: due tedesche (la 148ª Divisione di fanteria comandata dal generale Otto Fretter-Pico e la 90ª Divisione Panzergrenadier) e due italiane (la 1ª Divisione bersaglieri “Italia”, comandata dal generale Mario Carloni, e la 4ª Divisione alpina “Monterosa”). Ciò impedì a queste unità, di unirsi alle alle forze italo-tedesche della Liguria, che le attendevano per iniziare un contrattacco alle forze del V Esercito americano. Gli eventi a Fornovo di Taro (PR), combinati alla notizia della morte di Hitler e della conquista definitiva di Berlino delle forze dell’Armata Rossa, non ha lasciarono altra scelta al comando tedesco che ratificare la rapida resa delle truppe di occupazione nazifascista in Italia. La FEB arrivò poi in Provincia di Torino, e il 2 maggio 1945, nel comune di Susa (TO), dove unì le forze con le truppe francesi sul confine franco-italiano.

Alla fine della guerra, il Brasile perse 454 uomini del suo esercito e cinque piloti dell’aeronautica. Le forze armate brasiliane registrarono altresì circa duemila morti per ferite da combattimento e oltre dodicimila in campagna per mutilazioni o altre cause diverse che gli rendeva difficile la continuità sul campo di battaglia. Alla fine della campagna, la FEB aveva imprigionato oltre ventimila soldati nemici, 14.779 solo a Fornovo di Taro (PR), ottanta cannoni, 1.500 veicoli e quattromila cavalli.

Con il rifiuto del governo brasiliano all’invito del comando alleato di collaborare all’occupazione dell’Austria, il 6 giugno 1945, mentre la divisione brasiliana era ancora attiva nell’occupazione post-guerra delle Province di Piacenza, Lodi e Alessandria, il Ministero della Guerra ordinò alle unità della FEB di sottomettersi al comandante della Prima Regione Militare, a Rio de Janeiro, ciò che, in ultima analisi, significava la dissoluzione del contingente. La rapida smobilitazione ed il ritorno in patria della FEB dopo la fine della guerra, contribuì, nella seconda metà del 1945, a far cadere il governo di Getúlio Vargas. 

Nel 1960, i corpi dei brasiliani caduti nella campagna italiana furono trasferiti da un cimitero a Pistoia (PT) al Brasile. Oggi, essi si trovano nel Monumento ai Morti della Seconda Guerra Mondiale eretto nell’Aterro do Flamengo, nella zona sud della città di Rio de Janeiro, in omaggio e ricordo dei loro sacrifici.

Curiosità:

Durante la conquista di Montese (MO) ci fu un singolare omaggio a tre soldati brasiliani che, in missione di pattuglia, incontrarono un’intera compagnia dell’Esercito tedesco. I brasiliani ricevettero l’ordine di arrendersi, ma rifiutarono e morirono in combattimento. In riconoscimento al coraggio dei soldati, i soldati tedeschi li avrebbero seppelliti in tombe poco profonde e, insieme ai sepolcri, hanno messo una croce con la scritta “drei brasilianischen helden” (tre eroi brasiliani). Erano loro Arlindo Lúcio da Silva, Geraldo Baeta da Cruz e Geraldo Rodrigues de Souza.

Almeno un brasiliano è stato inviato ad un campo di concentramento nazista. Il maggiore brigadiere Othon Correia Netto ha pilota di un aereo abbattuto nell’attacco al ponte di Casarsa (PN) il 26 marzo 1945. Fatto prigioniero, Netto rimase incarcerato in Germania fino al 29 aprile.

Prima che la resa delle forze tedesche fosse ufficiale, la 148ª Divisione fu l’unica divisione della Germania catturata nella sua interezza, compreso il comando, da una forza alleata (nel caso la 1ª Divisione brasiliana) durante tutta la campagna in Italia. Poiché, dall’invasione della Sicilia nel luglio del 1943 all’offensiva nella primavera del 1945, tutte le altre divisioni tedesche, indipendentemente dalle perdite subite, riuscirono a ritirarsi al nord senza arrendersi.

A Pistoia (PT) c’è un cimitero dove furono sepolti i membri della Forza di Spedizione Brasiliana morti in lotta. Nel 20 giugno 1962 sono stati trasferiti al Monumento ai Morti della Seconda Guerra Mondiale, a Rio de Janeiro. Nel 1967 fu eretto un Monumento Votivo firmato dall’architetto Olavo Redig de Campos, esponente della scuola del progettista di Brasília, Oscar Niemeyer. Una grande parete di pietra riporta i nomi di tutti i caduti, mentre un ampio giardino e uno specchio d’acqua proteggono la quiete del luogo dai rumori della città.

L’italo-brasiliano Mario Pereira è custode del luogo e figlio del sergente Miguel Pereira (1918-2003), che ha combattuto per la libertà del nostro paese. Sposò l’italiana Giuliana Menichini e fu l’unico soldato della FEB a rimanere in Italia dopo la fine della guerra. Mario nacque a Pistoia (PT) nel 1959 e crebbe ascoltando le storie del padre, operatore di codice Morse che aveva come funzione usare la radio che faceva contatto con il Brasile. Erano così tante che il bambino divenne un adulto innamorato di quei soldati che son venuti da lontano a lottare in nostra difesa.

Miguel Pereira ha partecipato a due attacchi sul Monte Castello, servito nella conquista di Castelnuovo di Vergato (BO) e alla resa tedesca di Fornovo di Taro (PR). Quando la guerra finì, fu assegnato dall’esercito brasiliano come guardiano del cimitero. È riuscito portare al posto otto corpi di soldati trovati nelle ricerche che faceva in tutta Italia per recuperare quelli che giacevano in altri cimiteri. Sua funzione post-guerra doveva essere itinerante e durare due anni, ma è durata per tutta la vita.

La FEB è ricordata in 45 luoghi italiani con statue e targhe. Al Museo Memorie d’Italia a Iola di Montese (MO) ci sono esposte armi, divise e oggetti d’uso quotidiano appartenuti ai soldati e al Museo Storico di Montese (MO) c’è una sala dedicata alla Forza di Spedizione Brasiliana. Ad eccezione del Monumento Votivo e di un altro che si trova ai piedi del Monte Castello, costruito con risorse dell’ambasciata del Brasile, ci sono vari posti offerti dalla popolazione locale come segno di gratitudine ai brasiliani. Mario Pereira gira scuole e università come volontario promuovendo lezioni sulla partecipazione brasiliana alla guerra e porta gli studenti nei posti in cui sono successi i combattimenti.

 

Note: Guilherme Balista, italo-brasiliano, oriundo di una famiglia d’immigrati di Quistello (MN), è nato il 20 settembre 1991 a São José do Rio Preto (San Paolo del Brasile) e trascritto a Predaia (TN). È pastore battista, professore, teologo e traduttore italiano/portoghese con giuramento presso il Tribunale di Mantova. Ha studiato cinema e TV al Progetto LabCom e si è laureato in teologia presso il Seminario Teologico del Centro Apologetico Cristiano di Ricerche. Oltre all’italiano, parla portoghese e spagnolo.

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