Effetto souvenir. Ecco a voi le chiavi del mondo. — Lombardi nel Mondo

Effetto souvenir. Ecco a voi le chiavi del mondo.

Sono i souvenir di un viaggio che raccontano i sapori, i luoghi, le atmosfere e gli odori come spazi di film vissuti. Ce ne si appropria o si comprano e poi si regalano ma soprattutto oggi si collezionano.

A casa di mio zio, primario di una nota clinica universitaria italiana, la mia povera zia mi serve il caffé.

Questa scena racconta un momento di intimiá famigliare di quasi 10 anni fa, io solitamente lo prendo amaro ma amo mescolare il caffé anche se non gli aggiungo mai lo zucchero, tra le dita mi ritrovo un piccolo oggetto di acciaio con il marchio Swissair.

 

Un piccolo trofeo di viaggio, mi spiega mio zio che vola solo in prima classe. E poi ripenso alle calde sciarpe-coperte che mi scaldano il collo tutti gli inverni, é vero mi dico trofei di viaggi, quella del volo per Dakar era verde, quella del volo per Nairobi rossa e quella del volo per Buenos Aires blu.

 

Rubate chiaramente – sono di proprietá della compagnia aerea –  ma alla fine si dice que quasi tutto é suscettibile di essere un suvenir. Santi in campana e palle di neve, panorami in scatola, conchiglie, trofei, magliette o peluche, purché entrino in valigia..

 

Sono i souvenir di un viaggio che raccontano i sapori, i luoghi, le atmosfere e gli odori come spazi di film vissuti. Ce ne si appropria o si comprano e poi si regalano ma soprattutto oggi si collezionano.

 

É quasi impossibile entrare in casa di amici o conoscenti e non incontrare almeno un souvenir di una vacanza o un’avventura personale. L’uomo ama viaggiare anche per il gusto di raccontare la sua esperienza. I significati del viaggio prendono corpo con i souvenirs, che diventano la prova tangibile di ciò che si è vissuto lontano da casa.

 

Questi piccoli ricordi renderanno tangile l’esperienza intangibile di un viaggio. Sono oggetti che racchiudono tutta una storia, da condividere (e suggerire) con chi ci sta vicino.

 

Il souvenir turistico ha la forza di ridurre la complessitá di un luogo: paese, cittá, parco naturale o monumento architettonico diventano icona facilmente riconoscibile.

 

Se ci pensiamo potremmo riconoscere luoghi che non abbiamo mai visitato; le Matrioske ci ricordano la Russia, i Taxi neri e gli Autobus rossi a due piani Londra, la Torre Eiffel  Parigi e la Statua della Libertá l’America.

 

Edifici alti 200 o 300 metri sommersi in una piccola palla di acqua e se la giriamo scenderá la neve o brillerá di una luce dorata, che forse vuole indicare il caldo sole di certi posti esotici vicini all’equatore.

 

Luoghi mille volte fotografati e riprodotti su cartoline, magliette, tazze o portachiavi, icone e volti come quelli del Che Guevara ulteriormente vittime del ricordo di un viaggio.

 

Etimologicamente ‘souvenir’, di accezione francese, deriva dal latino subvenire, che in forma transitiva significa ‘accorrere in aiuto’; lo stesso verbo, ma in forma intransitiva, significa invece ‘tornare alla mente’, ‘venire alla memoria’, ‘ricordarsi’.

 

Il souvenir, é un oggetto di transito, che permette il passaggio dall’esperienza vissuta alla realtà  del ritorno, resa meno traumatica dalla presenza di un oggetto che, concentrando i significati, ha la straordinaria capacità di risvegliare il ricordo di emozioni già lontane.

 

L’andare non basta dunque; il rimpatrio deve essere accompagnato da un oggetto che ci fará ricordare le emozioni che hanno riempito il viaggio.

 

Ma sarebbe sbagliato pensare che il souvenir abbia una valenza solo per chi lo acquista; se ciò fosse vero, non si spiegherebbe l’esistenza di migliaia di “negozi di regali’. Il souvenir è anche un dono. Nell’oggetto donato rimane sempre qualcosa del donatore, un potere magico che i Maori chiamano ‘hau’, uno spirito che aleggia e impregna l’oggetto regalato e che farebbe scaturire nel ricevente l’obbligo di contraccambiare.

 

Il souvenir è un presente che giustifica l’assente. La sua funzione è quella di ‘sovvenire’, quindi non ci si aspetti che abbia anche una valenza pratica, come ci dimostra la scrittrice umorista americana Erma Bombeck, la quale rivendica il diritto e il piacere di comprare assurda paccottiglia: “Per me comprare souvenirs è una delle poche gioie del viaggio. Ho acquistato portachiavi di peli di cinghiale, orrende magliette con la scritta ‘Sono andato in Nuova Guinea e nessuno mi ha mangiato’, fermacarte di vetro con dentro il mostro di Loch Ness e una banda musicale di rane di cera messicana dallo sguardo atterrito. Senza contare le candele a forma di eschimese con lo stoppino sulla testa e le federe con i volti dei fratelli Kennedy fosforescenti. Quando, aprendo un cassetto, mi capita sotto gli occhi un apribottiglie con una minuscola foto del Vesuvio sull’impugnatura, subito vengo assalita dai ricordi e mi rendo conto che quello è stato denaro speso bene”.

 

I bambini adorano raccogliere oggetti e soprattutto ricevere regali di viaggio. Acquistare souvenir risveglia aspetti giocosi tipici del bambino nascosto nel turista; toccare, annusare, provare, scambiare, sono alcuni dei volti della curiosità, caratteristica prettamente umana. Il souvenir porta dentro di sé questo aspetto ludico, che l’uomo ritrova nell’irresistibile voglia di maneggiare, per esempio, le palle di neve, l’oggetto-ricordo più collezionato al mondo. Le palle di neve piacciono perché sono microcosmi che si possono controllare e, vedere cadere la neve, dà una gioia bambinesca; il solo fatto di prenderle in mano, rovesciarle e guardare la neve che cade diverte e suscita ricordi. Agitarle, rilassa.

 

Pare impossibile ma quando si va in vacanza si finisce sempre per portare un regalino o tenersi per sé una sorta di oggetto di culto impossibile da lasciare nel posto dove si è trovato. Ovunque andrete, ci sarà sempre un negozio gadget che vivrà sull’attaccamento del turista che vorrà portare a casa un ricordo, per la maggior parte delle volte inutile, spesso di cattivo gusto e soprattutto kitsch, di un kitsch così prepotente che c’è chi ha deciso di metterli in mostra.

 

L’idea arriva da Barcellona dove fino al 13 dicembre 2009 sarà possibile visitare al Disseny Hub Barcelona (DHUB) la mostra “Effetto souvenir: feticci di viaggio oltre i cliché” a cura di Òscar Guayabero docente e designer spagnolo che dopo aver raccolto da diversi luoghi sparsi nel mondo i gadget più  simbolici ha voluto ripercorrere un viaggio nella storia del souvenir, presentando inoltre uno studio di design effettuato da cinque teams spagnoli su nuovi oggetti provenienti da un luogo ideale. Ebbene sì, dite la verità, chi è che non ha una bolla di vetro con la neve che cade su un monumento famoso, chi non ha mai giocato con una Matrioska, o non si è mai provato uno zoccolo olandese? A chi è rimasto il frigorifero intatto da piccole calamite con il nome di un luogo?

 

“Effetto Souvenir” chiude il programma “Turismo. Aree di fiction” che si è sviluppato nel DHUB dal dicembre scorso.

 

Marcella Bellocchio

 

 

 

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