Il futuro della collettività italiana in Argentina — Lombardi nel Mondo

Il futuro della collettività italiana in Argentina

Viene da domandarsi: ma esiste ancora una collettività italiana?”. A chiederselo è Eugenio Sangregorio che dalle pagine de “L’Italiano”, quotidiano diretto a Roma da Gian Luigi Ferretti, riflette sul futuro dell’associazionismo italiano in Argentina

Roma: “Da ormai tre anni si sta evidenziando il problema del futuro delle associazioni italiane in Argentina che attualmente sono costituite, in maggioranza, da persone ultrasessantenni.

 

Dietro a tali persone vi è un vuoto generazionale: i giovani che partecipano all’attività associativa sono pochi; gran parte delle oltre 250 associazioni italiane in Buenos Aires svolgono solo attività ricreativa o, peggio ancora, i soci si incontrano solo periodicamente per organizzare un pranzo; la lingua italiana si sta perdendo e si mantiene una costante differenza regionale.

 

Viene da domandarsi: ma esiste ancora una collettività italiana?”. A chiederselo è Eugenio Sangregorio che dalle pagine de “L’Italiano”, quotidiano diretto a Roma da Gian Luigi Ferretti, riflette sul futuro dell’associazionismo italiano in Argentina.

 

“Quando si prende in considerazione l’organizzazione cinese, quella giudaica, quella giapponese ed anche quella tedesca che esistono in Argentina, il confronto con quella italiana appare in tutta la sua evidente disgregazione. La separazione regionale, il problema degli anziani, il mancato rinnovo delle cariche istituzionali, la pressoché inesistente collaborazione tra la pubblica amministrazione e le associazioni, sono quattro problemi molto seri che nei prossimi trent’anni possono causare la decadenza – per non dire la definitiva caduta – delle idee, degli sforzi e dell’entusiasmo che aveva caratterizzato gli emigranti italiani dei due secoli precedenti.

 

Inoltre, sono ormai passati 18 mesi da che il governo argentino non ha nominato un ambasciatore in Italia e questo provoca un distacco, un mancato dialogo, e di conseguenza una mancata collaborazione tra i due paesi. Mi domando cosa hanno fatto i nostri parlamentari: era ed è loro obbligo curare i rapporti tra i due paesi. Non sarà, forse, che i nostri rappresentanti politici abbiano lasciato una loro cattiva immagine in Italia, e per questo i politici Italiani abbiano trascurato le relazioni pubbliche con l’Argentina?

 

Era, e tuttora é, responsabilità dei nostri rappresentanti, avvicinare le politiche dei due paesi. E la collettività italiana in Argentina: che forza ha per modificare tale situazione e sollecitare un rapporto migliore tra i due governi, quando i nostri onorevoli non se ne occupano? Occorre un forte richiamo all’unità nazionale, occorre dimenticare le differenze regionali e soprattutto occorre un dialogo ed una collaborazione tra le istituzioni pubbliche e quelle private, nonché tra i due deputati e i due senatori del Parlamento italiano che sono stati eletti in Argentina.

 

Manca un ulteriore dialogo tra associazioni della stessa regione: un esempio è dato dalle oltre venti diverse associazioni calabresi della capitale che si trovano riunite in due diverse federazioni e che non hanno un contatto tra loro, se non sporadico e di sola convenzione. Ma l’esempio vale anche per molte altre associazioni regionali. Per tutto questo – ma certamente non per creare ulteriori differenze, bensì esattamente il contrario – occorre ricreare quella collettività italiana che negli anni scorsi ha portato l’Argentina ad avere ben tre Presidenti della repubblica di origine italiana: Mitre, Pellegrini y Frondizi. E occorre che l’esempio venga dall’alto, che la sollecitudine provenga dai rappresentanti politici e dalle autorità diplomatiche e che i governi dei due paesi, nei quali l’influenza italiana è ancora notevole, possano finalmente dialogare e porre le basi per un reciproco e necessario sviluppo, sia istituzionale che imprenditoriale. Il futuro argentino, così come è stato in passato, dipende anche dalla collettività italiana”.

 

Fonte: (aise)

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