Stile italiano in Australia. Un ponte verso la storia — Lombardi nel Mondo

Stile italiano in Australia. Un ponte verso la storia

“Voi Tutti”, la pubblicazione ufficiale della Camera di Commercio Italiana di Sydney, si appresta a tornare nelle migliori edicole. Ecco alcuni estratti di un articolo sul contributo che gli Italiani d’Australia hanno dato allo sviluppo culturale e infrastrutturale del Paese

Bene, tanto per cominciare, per avere un’idea dello scenario a cui facciamo riferimento, ovverosia una nazione che trabocca di meraviglie architettoniche, dovremmo partire probabilmente dal Teatro Lirico alla Scala, per poi risalire su, fino in cima alla Torre di Pisa e da lì gettare infine uno sguardo pieno di meraviglia sul Colosseo. E anche allora, tuttavia, avremmo a malapena sfiorato la superficie di tanta creatività.

 

Questo perché, sin dagli inizi, gli Italiani, più che adeguarsi alle usanze altrui, hanno sempre preferito che fosse il resto del mondo civilizzato ad attingere al loro patrimonio culturale. Ed è questo il motivo per cui il senso estetico e l’arte artigiana italiani fanno mostra di sé ovunque: dal Vallo di Adriano in Gran Bretagna alla Maison Carrée in Francia, dal Castello di Frederiksborg in Danimarca all’El Escorial in Spagna.

CAPOLAVORI ITALO-AUSTRALIANI. Qui in Australia, agli Italiani sono stati giustamente attribuiti grandi meriti per il lavoro colossale svolto nella realizzazione del progetto idroelettrico presso le Snowy Mountains, cui presero parte decine di migliaia di emigrati del dopoguerra.  Molti italiani capaci hanno contribuito anche alla costruzione di altri edifici simbolo dell’Australia, quali l’Opera House di Sydney e la Federation Square di Melbourne. Nell’Australia del XXII secolo, la prima e più ovvia impronta dell’influenza italiana è riscontrabile in uno qualsiasi di quei prodigi dell’edilizia che punteggiano i profili delle nostre città e che recano il nome del celebre architetto Renzo Piano fra i suoi creatori.

IL GIOVANNI BRUNETTI BRIDGE, UNA STORIA CURIOSA. Eppure, nessuno di questi edifici, pur significativi, raggiunge la mia costruzione preferita in assoluto, una creazione che rappresenta l’espressione tipica del know how italiano trasmigrato in un contesto straniero e ivi radicatosi con successo. Si tratta di un ponte. Un ponte che, vi garantisco, non si distingue certo per essere un capolavoro dell’ingegneria, ma che tuttavia gran parte degli abitanti di Sydney conoscono […]: il Giovanni Brunetti Bridge, che sorge appena 300 metri a ovest del terminal internazionale dell’aeroporto di Sydney, e attraversa il fiume Cooks. […] È solo un ponte. Una costruzione in stile Anni Settanta piuttosto ordinaria, che sembra fatta con lo stampino. Piatta come una rana  schiacciata. […] Si dovrebbe pensare dunque che Giovanni Brunetti fosse un personaggio importante, giusto? Un sindaco, piuttosto che un architetto o un ministro o un esploratore o qualcuno che lasciò in ogni caso un segno talmente importante che la gente di allora, la gente che aveva voce in capitolo per questo genere di cose, avrebbe detto di lui qualcosa come: “questa è una persona che vogliamo onorare; una persona di cui le future generazioni dovranno avere memoria; una persona che merita di dare il proprio nome a un ponte”…

Beh, questo è più o meno quello che accadde, sebbene egli non fosse né un architetto, né un politico, né altro. Di fatto, egli era infatti un operaio del Dipartimento delle Infrastrutture Viarie, figura carismatica e rappresentativa di una squadra che aveva lavorato lungamente e duramente per la realizzazione del ponte, con la stessa tenacia che Giovanni medesimo aveva messo in tutti gli altri impieghi che aveva ricoperto sin da quando si era trasferito dall’Italia, un paio di decadi prima. E, cosa più importante, era un tipo che piaceva molto ai colleghi, socievole e pieno di vita, sempre pronto alla risata. Ebbene, quando arrivò il giorno dell’inaugurazione, il 19 aprile 1972, causa un equivoco fra il Dipartimento e i gestori dell’aeroporto sotto la cui giurisdizione il ponte ricadeva, nonostante tutto fosse pronto, compresi il nastro azzurro, lo champagne e una nutrita rappresentanza di giornalisti, nessun rappresentante istituzionale si presentò. […]

Accadde allora che gli operai del Dipartimento, che avevano dedicato alla costruzione del ponte gli ultimi due anni della propria vita, decisero di prendere l’iniziativa. In men che non si dica, un gruppo di questi, con fare festante, sollevò Giovanni sulle spalle, mentre un altro operaio, preso un grosso pezzo di gesso, scriveva sull’asfalto “via Giovanni Brunetti”. Tutto ciò fu ripreso dai giornalisti presenti e riportato sul notiziario di Channel Nine la sera stessa. E quello fu dunque il nome che passò alla storia. E perché no, in fondo? Era un nome come tanti altri. Inoltre Brunetti non era solo un brav’uomo, ma un valido rappresentante di quella comunità di “nuovi australiani” che tanto avevano fatto per costruire un paese più moderno. E fino al giorno della sua morte, avvenuta nel 1987, Brunetti, di questo, rimase sempre estremamente orgoglioso. Il “Giovanni Brunetti Bridge”. Suona bene, in fondo. […]

Peter Fitz Simons

http://www.italplanet.it/interna.asp?sez=852&info=16536

 

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