Giovani lombardi nel mondo: Giorgio Tavecchio — Lombardi nel Mondo

Giovani lombardi nel mondo: Giorgio Tavecchio

Il 18enne è diventato il kicker titolare dei Golden Bears, con cui da matricola ha vinto il prestigioso Emerald Bowl. “E’ stato un anno da sogno anche perché a scuola ho preso buonissimi voti”

Il momento che gli ha cambiato la vita lo ricorda come se fosse ieri. Giorgio Tavecchio, milanese di nascita, americano di vita, ha svoltato il 28 maggio 2008, alle 4.01 del pomeriggio, quando ha ricevuto la chiamata di Pete Alamar, il coach degli special team dei Golden Bears, la squadra di football dell’università di Berkeley. Da allora il 18enne, padre italiano e mamma americana (anche se figlia di immigrati italiani), è diventato il kicker di Cal, con cui quest’anno ha vinto l’Emerald Bowl.

ITINERANTE – “Sono nato a Milano dove ho vissuto per circa quattro anni – racconta al telefono da Moraga, California, la città in cui vive con la famiglia -. Mia madre lavora per il governo americano e veniva trasferita di continuo. Abbiamo vissuto nel Connecticut, poi a Roma, poi siamo venuti per la prima volta in California, poi in Virginia e nuovamente qui, a Moraga. Io mi sento californiano, anche se voglio mantenere qualcosa di italiano conoscendo la lingua e le tradizioni”.

CALCIO, CHE PASSIONE – Il primo amore di Tavecchio è stato il calcio. “Ho cominciato a Tor di Quinto nel 1997, poi ho continuato anche negli Stati Uniti. A 12 anni ho partecipato a un Milan Camp e sono stato scelto per giocare una partita a San Siro, prima di una sfida di campionato. Per me è stata un’emozione unica: sono interista e il mio idolo è Javier Zanetti. Giocavo sulla fascia sinistra, poi mi sono spostato in mezzo perché ero uno dei pochi in grado di capire il gioco. Facevo un po’ come Cambiasso, correndo tanto ma servendo assist. Al liceo (la Campolindo High School di Moraga, ndr) ho giocato anche trequartista e attaccante”.

UN GIORNO PER CASO – Poi il football ha bussato alla sua porta. “Durante il mio secondo anno un amico mi ha chiesto se volevo provare a fare il kicker. Tornato a casa l’ho raccontato a mia madre che mi ha spinto a provarci, così sono entrato in squadra. Ma la priorità era sempre il calcio. Lentamente però sono diventato bravo: sono andato ad un campo estivo di Cal e sono piaciuto, anche se poi ho perso i contatti con l’allenatore. Continuavo a mandargli i video delle mie partite ma non ricevevo risposta, così ho deciso di andare alla UC Davis, dove mi avevano offerto un posto nella squadra di calcio”.

BERKELEY – “Poi quella telefonata che mi ha cambiato la vita. Non ho avuto dubbi: per me la priorità è sempre stata la scuola, e Berkeley è un’università molto prestigiosa. Sono arrivato tre giorni prima dell’esordio, in cui ho calciato il kick-off. Davanti a me però c’erano altri due kicker, anche se nel corso della stagione non hanno fatto benissimo. Io intanto mi sono guadagnato la fiducia del coach, che mi ha promosso titolare il 18 ottobre in casa di Arizona. Il primo field goal l’ho calciato da 51 yard, ma è uscito di pochissimo. Poi, a 3″ dall’intervallo, ne ho realizzato uno da 41 yard: è stato quello il momento più emozionante dell’anno, in cui ho capito che avrei potuto farcela”.

SOGNO – “Ho chiuso la stagione con 9/13, che per una matricola come me è un’ottima cosa. Ma questo è stato un anno da sogno anche perché ho preso voti buonissimi a scuola, che è la mia priorità. Non ho ancora deciso, ma credo che prenderò relazioni internazionali. La vita da freshman? Non è così dura, il massimo che ho dovuto fare è stato pagare il pranzo ai compagni più anziani. In squadra sono una matricola, non una superstar”.

FUTURO – Tavecchio preferisce non guardare troppo avanti. Così l’Nfl resta lontana: “Il futuro per me è il prossimo semestre – dice con il suo italiano quasi perfetto, macchiato ogni tanto da qualche inflessione americana -. Lavorerò per migliorare il mio modo di giocare, anche perché adesso so cosa aspettarmi. Ma la priorità resta la scuola: voglio laurearmi qui a Berkeley. Il football? Mi sarebbe piaciuto giocare in Italia o in Spagna, ma l’Nfl Europe non c’è più. Per il momento però punto solo a sopravvivere al college”.

Davide Chinellato www.gazzetta.it

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