Tragedia del Vajont 50 anni dopo — Lombardi nel Mondo

Tragedia del Vajont 50 anni dopo

Ricorre oggi il cinquantenario del disastro del Vajont. Il 9 ottobre 1963 l’esondazione della diga del Vajont spazzò via il paese di Longarone. Quasi 2000 i morti, fra i quali 487 bambini.

Cinquant’anni fa, il 9 ottobre 1963 alle 22.39, avvenne una delle tragedie rimaste indelebili nella memoria degli italiani: l’esondazione della diga del Vajont, dovuta a una frana gigantesca del monte Toc, dal quale si staccarono 270 milioni di metri cubi di terra e rocce che precipitarono nell’acqua sottostante provocando un’onda di quasi 200 metri che travolse Longarone nel fondovalle.

Fu un disastro annunciato e denunciato da pochi giornalisti coraggiosi (tra cui Tina Merlin, che fu pure processata) e da periti onesti che ne segnalarono invano la pericolosità: se ascoltati, avrebbero potuto evitare la strage. Prevalsero solo logiche economiche e di profitto. Oggi la diga coi suoi 264 metri è la quinta più alta del mondo (allora era la più alta in assoluto), ma attualmente è in disuso: nel suo bacino non c’è più acqua, e un pezzo di montagna precipitato nell’invaso.

In quella sciagura, che travolse paesi al confine veneto-friulano, morirono 1.910 persone, di cui 1.458 nella sola Longarone (Belluno), 111 a Codissago e Castellavazzo (Belluno), 158 a Erto e Casso (in provincia di Pordenone oggi, di Udine nel 1963), 200 originarie di altri comuni e borghi. Vennero recuperati solo 1.500 cadaveri, oltre la metà erano irriconoscibili. Tra le vittime 487 bambini, uccisi dalla furia della massa d’acqua e fango che si muoveva a una velocità pazzesca: 100 chilometri all’ora. Della popolazione infantile si salvarono oltre un centinaio di creature. La mattina del 10 ottobre, i sopravvissuti si trovarono di fronte una landa desolata, un paese raso al suolo.

Oggi Longarone è una cittadina nuova e ripulita, i palazzi sono moderni, hanno colori pastello. Ne è sindaco dal 7 giugno 2009 l’attivissimo Roberto Padrin, 42 anni, eletto con una Lista civica. «La Longarone di oggi ha ancora una ferita aperta, il Vajont è un punto di riferimento doloroso. I sopravvissuti hanno avuto la forza e il coraggio di ricostruire Longarone dove era stata distrutta, dove era morta. Oggi è viva, ospita 50 associazioni che lavorano per la comunità. Qui è insediata la più grande zona industriale della provincia di Belluno, che dà lavoro a più di 4 mila persone. Possiede un quartiere fieristico che è il quarto polo del Veneto, ha un territorio di 103 chilometri quadrati, con montagne stupende che appartengono alle Dolomiti, patrimonio Unesco dell’umanità. Longarone guarda avanti con fiducia, in un momento di difficoltà. Mai e poi mai, però, potrà dimenticare la sua storia, perché il Vajont è Longarone. La responsabilità dell’uomo è stata chiarissima, l’uomo resta l’unico colpevole. In alcuni superstiti rimane il rancore, perché giustizia vera non è mai stata fatta».

 

Mauro Gaffuri

Fonte: www.oggi.it

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