“Caravaggio e i suoi amici” al Museo Nazionale di Belle Arti de l’Avana — Lombardi nel Mondo

“Caravaggio e i suoi amici” al Museo Nazionale di Belle Arti de l’Avana

Un evento di portata storica per la storia culturale e politica di Cuba e dell’Italia. Così si può senz’altro definire la mostra “Caravaggio e i suoi amici” che, presentata ieri a Roma, sarà inaugurata il 23 settembre prossimo presso il Museo Nazionale di Belle Arti de L’Avana, dove sarà aperta al pubblico sino al 27 novembre
"Caravaggio e i suoi amici" al Museo Nazionale di Belle Arti de l’Avana

Narciso

La mostra, a cura di Rossella Vodret, è organizzata dalla Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale del MiBAC, dalla Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Roma e dall’Ambasciata Italiana a Cuba, con il supporto di Blue Panorama Airlines.

Per la prima volta, dunque, un capolavoro del Maestro lombardo, Narciso che si specchia nella fonte, insieme ad altri 12 quadri di pittori a lui legati attraversano l’oceano per giungere nella capitale cubana, quali ambasciatori della nostra arte e della nostra cultura. Un’occasione unica per ammirare opere che dimostrano come il linguaggio, originale e personalissimo di Caravaggio, sia stato diversamente declinato in base alla diversa espressività degli altri interpreti del naturalismo creando ulteriori e suggestivi scenari.

Ma il valore della mostra va oltre quello strettamente artistico. “Caravaggio e i suoi amici” rappresenta infatti un esempio di perfetta commistione di relazioni diplomatiche, soggetti pubblici e privati, che insieme hanno collaborato costruttivamente, ciascuno secondo le proprie competenze, per offrire un pezzo importante del nostro patrimonio artistico: un capitolo di storia dell’arte del Seicento che emozionerà i visitatori e renderà ancora più stretto il legame tra i due Paesi.

La mostra, ha dichiarato il sottosegretario Riccardo Villari in conferenza stampa, “ha il merito di valorizzare una delle espressioni più alte del nostro patrimonio nazionale, lustro dell’Italia nel mondo, e al contempo di favorire l’apertura di un canale privilegiato con un Paese importante che sta conoscendo cambiamenti rilevanti. La cultura è un ponte tra i popoli solido e duraturo sul quale transitano uomini, idee, emozioni e sentimenti, costruendo quei legami sui quali si fonda l’autentica amicizia”.

La mostra intende illustrare e approfondire un periodo fondamentale dell’arte italiana, che vede la città di Roma protagonista di una profonda trasformazione attuata nel corso del primo trentennio del Seicento. Oltre ai mutamenti dovuti alla Riforma luterana e al Concilio di Trento (1545-1563), che segnarono il nuovo volto della Roma ecclesiastica, si assiste agli albori del XVII secolo ad una vera e propria rivoluzione artistica che elesse la città papale, a meta obbligata di artisti provenienti dal resto d’Italia e d’Europa: una sorta di Capitale artistica d’Europa.

Il rinnovamento artistico dell’Urbe coincise con l’arrivo di Michelangelo Merisi da Caravaggio, nei primi anni Novanta del Cinquecento, il cui linguaggio innovativo determinò l’inizio di una nuova epoca e il confronto con personalità di primo piano, come quella di Annibale Carracci. Sullo scorcio del Cinquecento e nei primi anni del Seicento la pittura di Caravaggio si impone come assoluta novità rispetto alla quale artisti, scrittori e committenti contemporanei reagiscono con fervore.

La nuova concezione con cui l’artista elabora aspetti della cultura profana, ma soprattutto l’adozione di uno stile e un linguaggio pittorico rivoluzionario e inedito nelle pale d’altare, basato su un uso drammatico della luce, sull’assenza di ogni idealizzazione nei personaggi che popolano le sue composizioni, su soggetti ripresi dalla strada e, soprattutto sul formato “al naturale” delle figure, poste sempre in primo piano, sono elementi di straordinaria novità che diventano oggetto di aspre critiche, da una parte, e profonda ammirazione, dall’altra.

La breve parabola romana del Merisi inizia intorno al 1592 per concludersi tragicamente nel 1606, data dell’omicidio di Ranuccio Tomassoni, avvenuto per mano dell’artista nel corso di una rissa. L’episodio e la successiva fuga di Caravaggio da Roma, dove non farà più ritorno, conclude la serrata sequenza di successi e dispute che avevano accompagnato la presentazione delle sue opere pubbliche. Terminano così i rapporti di committenza con i grandi mecenati romani che avevano determinato la fama del pittore lombardo e prende avvio il suo peregrinare convulso alla ricerca del perdono che condurrà Caravaggio da Napoli a Malta, alla Sicilia con passaggi veloci e concitati che diffonderanno maggiormente la sua notorietà e le novità del suo stile.

Nel frattempo, le opere del Merisi ancora ferme sugli altari, appese alle pareti di palazzi gentilizi fino a quelle profane “fatte per vendere”, continuano ad essere copiate, imitate, acquistate o gelosamente conservate. Ed è su queste opere che si forma più di una generazione di pittori, dai primi seguaci italiani a quelli stranieri arrivati a Roma nel secondo decennio.

Senza perdere di vista il carattere disomogeneo del caravaggismo, attuato dai vari interpreti sulla base di esperienze e formazioni personalissime, la mostra accosta a un capolavoro di Caravaggio – il bellissimo Narciso che si specchia nella fonte -, a un insieme di opere autografe e documentate dei pittori a lui legati, scegliendo tra queste i dipinti e i soggetti in cui maggiormente loro si accostarono alle tematiche e ai modelli dell’Artista lombardo.

Il percorso inizia con Giovanni Baglione (Roma, 1566 – 1643), esponendo la tela con Giuditta e Oloferne della Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma, che tratta lo stesso soggetto caravaggesco offrendone però una variante per certi versi ancor legata alla rappresentazione tradizionale, presentando la scena a tutta figura e con Oloferne di dimensione quasi gigantesca. Di Tommaso Salini (Roma, 1575 circa – 1625), invece, si propone un San  Giovanni Battista che pare costruito sul modello del Bacchino malato, e di Bartolomeo Manfredi (Ostiano, 1582 – Roma, 1622) il celeberrimo Bacco e un bevitore, scena di significato oscuro ma illuminata alla cosiddetta Manfrediana methodus. Analogamente si pone lo straordinario San Gerolamo di Hendrich van Somer che pare tutto meditato sugli originali di Caravaggio.

Altri sono i capolavori che vengono presi in considerazione,toccando personalità ed aspetti sui quali gli studiosi discutono ancora oggi: da Orazio Borgianni (Roma, 1578 – 1616) a Lionello Spada (Bologna, 1576 – Parma, 1622) ad Angelo Caroselli (Roma, 1585 – 1652) e a Orazio (Pisa, 1563 circa – Londra, 1639) e Artemisia Gentileschi (Roma, 1593 – Napoli, 1653). Di questi pittori, in primo luogo, verrà analizzata la questione del passaggio dal manierismo, sul quale si sono formati, al caravaggismo, in cui sentono la necessità di evolversi, e, in secondo luogo, i rapporti umani e stilistici stabilitisi fra loro.

Fonte: (aise)

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