Padre Vincenzo Lumetta: missionario fra i bambini — Lombardi nel Mondo

Padre Vincenzo Lumetta: missionario fra i bambini

Padre Vincenzo Lumetta dirige “o Bairro da Juventude” dei Padri Rogazionisti, che accoglie, educa e forma scolasticamente e professionalmente circa 1200 bambini “strappati” alla vita di strada delle favelas di Criciuma, storicamente centro carbonifero nel sud dello stato di Santa Catarina, in Brasile.

 

Padre Vincenzo Lumetta, sacerdote siciliano nato nel 1957 a Partinico, provincia di Palermo, con più di venti anni di esperienza di missione in Brasile, dirige “o Bairro da Juventude” dei Padri Rogazionisti, che accoglie, educa e forma scolasticamente e professionalmente circa 1200 bambini “strappati” alla vita di strada delle favelas di Criciuma, storicamente centro carbonifero nel sud dello stato di Santa Catarina, in Brasile.

 


Ho avuto l’opportunità di conoscere Padre Vincenzo in occasione di uno spettacolo teatrale di un gruppo veronese, a Nova Veneza, una delle roccaforti della immigrazione veneta, a pochi minuti da Criciuma.
Dopo alcuni scambi di parole, io e Padre Vincenzo siamo subito entrati “in sintonia”.
Spinto dalla voglia di sapere di più sul lavoro da lui svolto a favore dei bambini delle favelas, gli ho proposto di concedermi una intervista per il portale ItaliaCatarinense. Vincenzo si è immediatamente messo a disposizione; in attesa che iniziasse lo spettacolo teatrale, ci siamo seduti in una stanzetta minuscola nella sagrestia del Santuario di Nostra Signora di Caravaggio, e abbiamo iniziato la registrazione.

Vincenzo, mi racconti come sei arrivato a questa tua esperienza brasiliana?

Entrai in seminario a 12 anni presso i Padri Rogazionisti, il cui fondatore è Sant’Annibale Maria di Francia che si adoperò molto per i bambini poveri e per gli orfanelli, specialmente dell’area di Messina.
Fin dall’inizio della mia formazione in seminario manifestai la mia aspirazione di diventare un giorno missionario, obiettivo che realizzai quando a 31 anni, ordinato sacerdote, fui mandato in Brasile, dove forte era la richiesta di aiuto per i bambini poveri.
Ormai sono già 20 anni che sto qui, lavorando, in maniera particolare in mezzo ai bambini poveri, i bambini di strada, i bambini che hanno piu’ bisogno.

Sempre nel sud del Brasile o sei stato in altri posti?

Nei primi due anni sono stato qui a Criciuma, poi dopo un periodo nelle favelas di San Paolo e Curitiba, sono tornato qui, dove in realtà mi sono maggiormente identificato con l’opera che stiamo svolgendo. Attualmente sono direttore amministrativo del Villaggio del Fanciullo, in portoghese Bairro da Juventude, che accoglie 1200 minori dall’età di 3 mesi fino ai 18 anni. Abbiamo l’asilo nido, la scuola materna, le elementari, le medie, fino alle scuole di avviamento professionale. La nostra principale finalità è prevenire, togliere questi ragazzi dalla strada, aiutarli a costruire il loro futuro. E’ l’unica possibilità per spezzare questa catena di povertà dovuta allo squilibrio sociale che caratterizza un po’ tutte le città brasiliane e la società brasiliana in genere. Diamo al fanciullo la possibilità di studiare, di mangiare, e nello stesso tempo li avviamo al lavoro attraverso l’apprendimento di un mestiere, per poi essere artefici e protagonisti del loro futuro.

Qual’è la percentuale di inserimento nella società e nel mondo lavorativo dei ragazzi che compiono 18 anni e escono dall’istituto?

Circa il 70%.

Come è cresciuta, nel tempo, la struttura?

La nostra istituzione, che ormai ha già sessantanni, è stata fondata dai primi missionari italiani. Con il tempo abbiamo ampliato le strutture e migliorato i progetti educativi. Inizialmente avevamo l’internato, appena 60 ragazzi che vivevano qui. Oggi abbiamo il seminternato, ossia i ragazzi passano tutta la giornata da noi, e la sera tornano in famiglia; adesso siamo arrivati a 1200. Se avessimo piu’ posti, noi ne accoglieremmo anche 3 o 4 mila. Le necessità sono grandi, tantissime mamme bussano alla nostra porta per trovare un posto per i loro figli.

 


Come è strutturata la giornata, per i ragazzi?

La mattina presto facciamo il giro delle favelas per raccogliere i ragazzi. Usiamo dei grossi pulmann, che ci sono stati mandati dagli Stati Uniti, i classici scuola-bus gialli.
Appena arrivati all’istituto, i ragazzi fanno colazione, poi inizia la scuola. Rimangono da noi fino alle 17.00. Consumano 5 pasti al giorno: la colazione, la merenda, il pranzo, la merenda di pomeriggio, e poi la cena. Per avere un’idea, noi consumiamo giornalmente più di 70 kg di riso, 30 di fagioli, 100 di carne, 120 litri di latte. Immagina una frittata con più di 1000 uova!
Abbiamo un refettorio con 500 posti a sedere. E’ bello vedere quando si radunano tutti quanti. Ed è bello vederli contenti di mangiare, di essere insieme a noi. Tanti bambini vengono a digiuno la mattina. Spesso domando “Avete fatto colazione? Avete preso il caffe’? Avete preso il caffè preto, o il caffè con il latte?”. Alcuni bimbi rispondono “Non ho mangiato niente”, altri rispondono “Ho bevuto il caffè nero”, cioè praticamente acqua e zucchero.
Passano con noi tutta la giornata. Sono impegnati dapprima con la scuola vera e propria, poi con progetti educativi, laboratori, officine, dove i ragazzi apprendono altre attività complementari, fanno i compiti, fanno scuola di musica, canto corale, jazz, assistono a film con finalità educativa. In pratica, svolgendo queste attività, hanno la possibilità di non stare in mezzo la strada.

In pratica hanno in questo modo stimoli culturali, di socializzazione, di corretto relazionamento con i coetanei e con gli adulti, di rispetto delle regole. Hanno la possibilità di valorizzare le loro potenzialità altrimenti inespresse.

Certo, questo è una cosa molto importante. Questi ragazzi, nella loro semplicità, hanno un potenziale e una vivacità impressionante, un potenziale intellettuale,artistico, e anche sportivo. Pensa, una delle nostre bambine, all’età di appena 10 anni, senza aver fatto alcun tipo di allenamento, ha vinto i 100 e 200 metri piani in una competizione studentesca a livello statale. Abbiamo successivamente indicato questo talento naturale all’Università di Criciuma, che oltre a seguirla nella carriera sportiva, le assegnerà una borsa di studio.
Se questi bambini fossero rimasti per strada, non avrebbero la possibilita’ di inserirsi, di avere una prospettiva, un futuro.
La nostra finalità, come diceva anche il nostro fondatore, è quella di prevenire questi ragazzi e di canalizzare il loro potenziale dal punto di vista educativo.

A parte l’opera di prevenzione, vi capita di avere anche dei ragazzi che purtroppo già hanno maturato esperienze forti di violenza, in famiglia o per la strada?

Capita che i ragazzi subiscano violenze dentro casa, sia in senso fisico che morale; purtroppo succede che la stessa famiglia, frequentemente, quasi protegge questa violenza. Noi lo veniamo a scoprire attraverso gli stessi bimbi. A volte notiamo alcuni che non producono più a livello scolastico, o notiamo cambiamenti nel comportamento. Per esempio, una volta c’è stato un caso di una bambina che è stata violentata dal patrigno con la complicità della nonna. La bambina, che era fra le più attive nel coro, quel giorno non cantava, stava in disparte. La abbiamo chiamata in disparte, si è messa a piangere, si è confidata con noi, e la storia è venuta a galla.
Abbiamo anche casi di bambini che sono piccoli infrattori. In questi casi cerchiamo di controllare la situazione, purtroppo non siamo ancora strutturati da un punto di vista pedagogico per lavorare a questo livello. In questi casi la cosa che possiamo fare è stare vicino ai ragazzi, educarli, e tentare di coinvolgere nel processo educativo anche i genitori.


Capita di avere a che fare con ragazzi che hanno avuto delle esperienze significative con l’uso o lo spaccio di droga?

Certamente. Abbiamo avuto anche ragazzi postini della droga.
Io dico sempre che nessun bimbo è cattivo, tutti i bimbi sono buoni. Purtroppo è l’ambiente che li condiziona, nel modo di vivere, nel modo di pensare e nel modo di esprimersi. Ma fondamentalmente tutti hanno questa voglia di vivere, di sperare, di sognare, di crescere nella vita. Proprio in questi giorni stavo parlando con una nostra bambina, che vive con la nonna, insieme alla quale abitualmente viene a messa tutte le domeniche.
Un giorno le ho chiesto: “Perché stai con la nonna? Non vedi mai la mamma?”
La bambina, stringendo un pò le spalle, mi rispose “minha mãe está na pedra”. E’ un modo di dire, tipico del linguaggio delle favelas, per dire che la madre fa uso di crack, la “pedra” di crack. Per lei era un fatto naturale.

I bambini acquisiscono la consapevolezza di crude verità sin da giovanissimi. Da quello che ho visto, nelle favelas tutto accade alla luce del sole, qualuque cosa è un fatto pubblico, sia i bambini che gli adulti ne vengono a conoscenza. I bambini sono grandi osservatori, diventano precoci testimoni della realtà più cruda, e vivono quanto accade con estrema naturalezza. Per loro puo’ essere naturale che la madre faccia la prostituta, che il padre faccia lo spacciatore, che la violenza sia presente in ogni situazione, che si usi droga, o si faccia sesso senza pudori di fronte a tutti, in case di pochi metri dove vive la famiglia intera. Non è difficile sapere che adolescenti vanno in giro con armi, come se nulla fosse.

Sandro, è verissimo quello che dici; nelle favelas i bimbi crescono subito, maturano rapidamente, perche’ vivono delle realta’ dure e tristi nello stesso tempo, alle volte inimmaginabili. Per esempio cè il caso di 4 bambini la cui madre è prostituta. Un giorno andai a visitare questi bambini nella loro casa, e la bambina piu’ piccola domando’ alla piu’ grande: “questo signore è l’amico della mamma?”. La piccola non sapeva che io ero il sacerdote che mi occupavo di loro. Questo per dire come per i bambini tutta la realtà diventa un gioco, è normale tutto quello che accade intorno a loro, e crescono con questo tipo di mentalità.

Chi provvede al mantenimento finanziario dell’Istituto?

L’amministrazione comunale di Criciuma ci fornisce più di 60 educatori e insegnanti. Di fatto la nostra scuola è riconosciuta dall’asilo nido fino al nono anno come una scuola municipale. Siamo “parceiros” con il Comune, loro ci danno una mano per gli aspetti scolastici, noi li aiutiamo a gestire il problema sociale. Oltre gli insegnanti, ci fornisce alcuni alimenti come il pane, il latte, la merenda, etc.
Poi abbiamo una convenzione con il Senai (Serviço Nacional de Aprendizagem Industrial) per l’insegnamento nella scuola professionale, in particolare di meccanica generale, meccanica automobilistica, panetteria e pasticceria, elettronica. Attraverso la scuola professionale, i ragazzi possono uscire dall’istituto con un titolo ufficialmente riconosciuto e possono dire: io sono meccanico, elettricista.
Per quanto riguarda il resto (manutenzione della scuola, luce, gas, i pulmann, 40 impiegati che lavorano direttamente per la missione) è la stessa missione che si incarica di pagare le spese.
La fonte finanziaria è soprattutto la comunità locale. Facciamo pranzi di beneficienza, lotterie, abbiamo sviluppato un progetto di adozione a distanza. Abbiamo poi il marketing telefonico, svolto dalla Brasil Telecom, che ci permette di raccogliere i fondi dalla comunità attraverso la donazione di un real da scontare sulla bolletta telefonica o della luce. Immagina circa 60.000 utenti: essi rappresentano una entrata di 60.000 reais mensili.

Come funziona l’adozione a distanza?

Essendo la missione fondata da italiani, abbiamo creato un ponte preferenziale con l’Italia e con la Svizzera. Stiamo però iniziando anche con altri paesi come la Francia e il Canada. Attraverso l’adozione a distanza viene fornito un contributo finanziario per poter aiutare i bambini a completare il ciclo di studi.

Una famiglia italiana che volesse adottare a distanza un bambino della missione, quale esborso dovrebbe affrontare?

In Italia abbiamo un contatto con una ONLUS che funge da tramite. Il contributo per una adozione sarebbe di 310 euro l’anno, in pratica con il costo di un caffè al giorno si può aiutare un bambino nel completamento dei propri studi. Basterebbe cosi poco per far felice un bambino, e per dargli la possibilita’ di inserirsi nella società.

Vincenzo, gia’ si è fatto tantissimo attraverso la missione, e attraverso l’aiuto della comunità. Secondo te cosa si potrebbe fare di piu’?

Ci sarebbero tante cose da fare. Io dico sempre che la prima cosa è conoscere, venire a trovarci, venire a vedere come funziona “o bairro da juventude”. Una volta che tu conosci e diventi un testimone vivente, puoi essere sia un collaboratore volontario diretto, e nello stesso tempo un portavoce di questa realtà. Gli aiuti possono essere di tanti tipi: dal volontariato diretto al finanziamento di progetti particolari. Poi si può aderire tramite le bomboniere solidali, per esempio per matrimoni, battesimi, nozze d’argento, etc. La cosa più importante però rimane la presenza fisica che ti porta a vivere e convivere con questa realtà. E’ una esperienza unica; i bambini hanno una forza di attrazione che ti coinvolge talmente che rimani disarmato. Io dico sempre che l’amore vale molto di più di tanti discorsi. Un bacetto, un abbraccio, una carezza a un bambino costa così poco! Fondamentalmente questi bambini ti abbracciano perché loro hanno bisogno di affetto.

Questa cosa l’ho percepita anch’io. Quando vado nell’asilo dove lavora mia moglie, per aiutarla nell’organizzazione di feste per i bambini con i fondi raccolti tra i miei amici in Italia, è emozionante essere circondato da bambini affettuosi che si accalcano, che vogliono toccarti, che vogliono che tu li tenga per mano, che ti chiamano “tio”, che ti sorridono. La percezione che ho in questi momenti è che hanno una grande necessità di affetto, di “carinhos”.

Vincenzo, mi puoi dare ulteriori delucidazioni sul volontariato?

Il volontariato e’ un discorso aperto. La struttura offre vitto e alloggio, chi viene dall’Italia deve solo pagarsi il viaggio, può rimanere il tempo che vuole. Il tempo minimo di permanenza per entrare pienamente in questa realtà è di almeno un mese, ma accettiamo anche periodi inferiori.

Bisogna sapere parlare un pò di portoghese?

No, il portoghese lo si apprende strada facendo, poi ci sono io che dò delle indicazioni pratiche per comunicare. Considera poi che con i bambini il portoghese si apprende rapidamente.

Vincenzo, ti ringrazio per avermi consentito di conoscere questa realtà. Farò il possibile per divulgarla tramite il portale che rappresento e tramite i miei amici sparsi per il mondo.


di Sandro Incurvati

Fonte: italiacatarinense.com.br

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