Esce l’album “Volver”:tango e memoria italiana — Lombardi nel Mondo

Esce l’album “Volver”:tango e memoria italiana

Il gruppo di Palermo pubblica un lavoro che riscopre gli splendori del tango cancion e soprattutto mostra il forte legame sentimentale che unisce la storia del tango a quella della nostra emigrazione in America Latina

Parlare di “tango italiano” è in parte una provocazione storica, tanto grande sappiamo essere stata l’influenza italiana nella creazione del tango originale, quello rioplatense. E’ un’evidenza storica che si basa sui dati dei censimenti nazionali in Argentina; per esempio, tra il 1895 e il 1914 gli emigrati italiani in Argentina rappresentarono mediamente intorno al 43 % della popolazione straniera, e il 12 % di quella complessiva. Oggi si dice che un argentino su due abbia sangue italiano nelle proprie vene, e percentuale non dissimili si possono individuare per l’Uruguay.

Sulla scorta di tali dati, si comprende come il tango, a tutti i livelli, sia intriso di italianità e che non potrebbe essere diversamente. E’ italiano nei cognomi dei compositori e dei cantanti, nelle parole lunfarde e cocoliche, nelle tematiche evocate dalle canzoni e probabilmente in molti altri aspetti.

In ogni caso, questa vuole essere tutt’altro che una rivendicazione sciovinista. Piuttosto, come succede nel nostro paese per un po’ tutti i fatti legati all’emigrazione, è stupefacente riflettere su quanto poca sia la coscienza di questa importante matrice. E’ un fatto che ogni qual volta si parli di cultura italiana, quasi mai vengano citati gli apporti che gli italiani all’estero hanno dato alla cultura e all’umanità. Eppure, soltanto rimanendo in tema di musica, sono moltissimi ed è anzi un territorio ancora inesplorato.

Ben vengano quindi, e qui entriamo propriamente in medias res, ottime iniziative come quelle del Cuarteto Palermo, un quartetto per l’appunto nato nel 2003 a Palermo e composto da una formazione per voce, chitarra, violino e contrabbasso.

Il gruppo nasce dall’unione di musicisti già formati e affermati in altri ambiti (musica popolare, musica contemporanea, jazz); con la sua musica riscalda le serate tanguere di Palermo da ormai più di due anni. Qualunque appassionato di Tango avrà la tentazione di cullarsi nella stuzzicante omonimia tra il capoluogo siciliano e uno dei quartieri più celebri di Buenos Aires, tra l’altro quello in cui ha abitato Jorge Luis Borges.

E al grande scrittore e poeta argentino vale la pena rifarsi con alcuni versi che ci serviranno per sviluppare il tema di questo paragrafo. Nella poesia Montevideo scriveva:

 

Sei la Buenos Sires che abbiamo avuto,

quella che negli anni si allontanò quietamente

Sei nostra e festosa,

come la stella che le acque raddoppiano

 

In questi versi degli anni ’20, il poeta si riferiva a una Buenos Aires che già andava scomparendo, gli anni della boheme stavano lasciando spazio al periodo delle dittature e dei colpi di stato, la modernità, quel tipo specifico di modernità che omologa e appiattisce, sembrava già essere un presentimento tetro, una minaccia reale.

Mi pare opportuno ricollegarmi a questi versi come suggerimento all’ascolto di “Volver”. Mi pare opportuno perché le canzoni che compongono il cd evocano esattamente le atmosfere che suggerisce Borges, quelle di una Buenos Aires che non c’è più, che negli anni si è allontanata quietamente (e bruscamente, in questi ultimi decenni). Le atmosfere delle notti di tango, percorse “dalle strade lunari” e preservate dalla “canfora del sogno”.

Ascoltare dunque le canzoni di “Volver” è innanzitutto uno splendido modo per permearsi di un clima e di un fermento davvero unici: quelli che viveva il Rio della Plata nei primi decenni del ‘900. E, ricollegandoci al primo punto toccato, anni in cui la matrice italiana dava la propria impronta decisiva nella cultura argentina.

Riscattare queste canzoni, quindi, significa anche riscattare una parte importante della nostra memoria collettiva: e in questo caso non mi riferisco solo alla condizione in sé dell’emigrante che ha riguardato milioni di italiani in quegli anni, ma anche gli stessi nostri usi e costumi; infatti, e questo lo sanno bene le persone che hanno conosciuto le comunità italiane all’estero, ed in particolare in America Latina, sono proprio i nostri connazionali fuori dai confini i veri custodi dei saperi e tradizioni che in Italia, dal miracolo economico in poi, abbiamo gradualmente abbandonato.

Si è detto in varie occasioni che il leit motiv del tango sia la nostalgia, e che non potrebbe essere diversamente visto che nasce in un periodo storico e in un paese popolato da emigrati appena giunti nell’emisfero australe. Non so quanti studi esistano sul tema, però senza dubbio sarebbe interessante confrontare il tema della nostalgia nel tango con il tema della nostalgia nella canzone napoletana e del Sud Italia in generale. In fin dei conti, possono essere visti come due diversi lati della medaglia, visti dalla parte di chi è arrivato o di chi è partito.

E allora la filosofia improntata ad un pessimismo scettico e senza vie d’uscita di Enrique Santos Discepolo, che ad esempio scrive nel celebre esordio di Yira, Yira

 

Cuando la suerte, que es grela, fallando y fallando, te largue parao

Quando la sorte che è femmina (con chiara accezione negativa, in questo caso) tradendo e tradendo ti lascerà impalato

 

non è certo tanto distante dall’affranto ritratto di una familia divisa che emerge in una canzone come Lacreme Napulitane

 

E nce ne costa lacreme st’America a nuje Napulitane!…

E ce ne costa lacrime quest’America a noi napoletani!

 

Il tango è espressione di un determinato momeno storico, in particolare se pensiamo all’epoca d’oro del tango cancion e riflette quindi nei suoi testi la società che lo genera. Dunque, si può guardare al tango come una forma di espressione popolare, in questo senza dubbio ha molti punti di contatto con la trova latinoamericana propriamente detta. Ciò che il tango riflette è la società rioplatense, o almeno una parte di questa. E certamente, la matrice italiana all’interno di tale società risalta con naturale nitore.

Il merito del Cuarteto Palermo è quello di riportarci a questo tango, un tango che va ascoltato e capito, letto e contestualizzato.

Nella scelta dei brani il gruppo non lesina di certo per quanto riguarda le grandi firme: da Discepolo al duo Troilo-Manzi, dal duo Gardel-Lepera ad Astor Piazzolla. Ad arricchire il tutto, due curiosità: la prima è La partida, un brano strumentale venezuelano, che conferma una volta di più come il tango emani atmosfere che si accordano emotivamente ad altri tipi di musica latinoamericana.

La seconda è una composizione originale del gruppo, a firma La Mantia-Maiorana. La canzone parla di infanzia e di povertà, e il pensiero non può che andare all’Argentina e all’Uruguay di oggi, così distanti da quell’entusiasmo e quella spinta che caratterizzava i primi decenni del ‘900. Questa canzone serve quindi per riportarci al giorno d’oggi, interrompere l’incanto del grammofono che evoca e seduce.

Anzi, prima di tornare alla realtà e chiudere questa introduzione preferisco ancora una volta fare un tuffo nel passato. Parafrasando un vecchio successo di Dean Martin di tanti anni fa, adesso mi pare proprio che sia il caso di intonare:

 

Hey tango, tango italiano

Go, go, go you mixed up siciliano

 

Per ulteriori informazioni: http://maiorana.tripod.com/ideal.html

 

Fabio Veneri

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