Water Project, quarta parte — Lombardi nel Mondo

Water Project, quarta parte

la quarta parte del racconto di Ferruccio Brambilla sulla sua missione in Nuova Guinea

Boiama. Scarico di tutto il materiale a cura di quasi tutti gli abitanti del villaggio affacciato sul mare. Ci hanno accolto con la cerimonia dell’assalto. Giovani vestiti solo di foglie verdi ed armati di lance ci hanno danzato intorno ed ho saputo poi che non si è trattato di una farsa a beneficio nostro, ma piuttosto il loro modo di purificarci, di scacciare da noi lo spirito del male prima di entrare in contatto con loro.
Forse perchè il mondo non si aspetta grandi cose dalla PNG e dai papuani nessuna competizione, possono permettersi il lusso di continuare a crederci. Così come credono ancora alla sacralità di una certa montagna, che non può essere violata. E se anche qualche esploratore ha dimostrato loro che la scoperta della stessa montagna non ha comportato l’essere fulminato dagli dei, non è cambiato niente. Così come ritengono che quando accade una tragedia come una morte o una malattia, si debba anzitutto ricercare l’artefice di quel maleficio, piuttosto che la causa.
Adesso devono fare i conti con la nostra presenza e quello che siamo venuti a fare. Per tutti i bimbi dei villaggi interessati inizia qui il primo film della rassegna cinematografica che durerà più di due mesi, dove noi italiani siamo gli attori sconosciuti, con la nostra pelle bianca che fa paura ai neonati ed i nostri mezzi rumorosi che invece piacciono tanto a tutti… Ci saltano sopra e si lasciano portare fino a fine corsa per poi tornare a piedi, non importa per dove o da dove.

Qui a Boiama conosco il brillante father John, che a turno ci carica sul suo dinghi. Il dinghi è una  piccola imbarcazione a motore con la quale ci traghetta a Watuluma dove ci sistemiamo nelle camerette dei volontari di Brother Lino e Jastine. Poi ad Ulutuya, villaggio che si sviluppa anche per buona parte in montagna. Siamo finalmente arrivati. Siamo a casa.

E mentre gli spiriti del bene e quelli del male decidono ogni cosa sull’isola, con l’aiuto di molti giovani papuani, di buona lena gli amici del Gruppo Africa hanno potuto recuperare il tempo perduto ad Alotau.
Individuata la sorgente durante un sopralluogo effettuato da Dino e Baldino qualche mese fa, ora proseguono i lavori di interramento della lunga conduttura che si dirama per quasi venti chilometri a cura di Lucio e Vico, sempre con l’aiuto di volontari del posto.
Sabato primo ottobre ad Ulutuya Baldino, Giusi e Giovanmaria hanno ultimato l’armatura per le pareti della vasca principale di accumulo. Lunedì la gettata, la seconda gettata dopo quella della gigantesca soletta. Un gran dispendio di forze ed una cinquantina di papuani a disposizione per entrambe le fasi della costruzione. Per tutti una t-short e la nostra immensa gratitudine. La vasca conterrà 80.000 litri di acqua, e lo ripeto, di acqua potabile! Prima del collegamento alle condutture si è necessariamente dovuto portare un tubo provvisorio che comunque regala da subito acqua potabile a tutti e per tutti gli usi consentiti. Chi per bere, chi per lavare i piatti o per la doccia. Noi per la malta ed i bambini naturalmente per giocare e ringraziare il cielo (vedi foto).

E’ doveroso un breve cenno sull’entità dei lavori e per fare questo prenderò alcuni dati dalla relazione del buon Ennio Provera, sacerdote insegnante di parecchie discipline presso il seminario di Bergamo ed esorcista a tempo perso. Della serie se sono normali non li vogliamo… scherzo naturalmente! Ennio è una brava persona con la quale avrò modo di confrontarmi simpaticamente in varie occasioni. Il tema sempre lo stesso: la sua fede e la mia… Don Camillo e Peppone!. Ripensando al buon Ennio mi viene in mente che durante una della tante serate spese a dissertare su tutto, abbiamo parlato proprio di una sua relazione su questa nostra avventura, uno scritto che ha da poco ultimato. Gli faccio amorevolmente osservare quanto a mio parere fosse troppo preciso e puntuale, un diario inappuntabile, a differenza di come piace scrivere a me… un po’ alla rinfusa. Ennio, che ha letto tutti i miei precedenti racconti mi risponde così: “amico, io ho una cultura scientifica e scrivo così. Io mi soffermo sulle cose tecniche.. tu descrivi i sentimenti… vedi, è la differenza che c’è fra la scienza e l’arte”. Senza volerlo forse, il buon Ennio mi ha fatto un grande complimento.

Ma torniamo ai lavori. Il progetto esecutivo è stato affidato ad un ingegnere italiano che ha prestato la sua opera a titolo gratuito. Dalla sorgente alla vasca principale di accumulo della capacità di 85 metri cubi, sono stati posti 2300 metri di tubo di vario diametro. Dalla vasca partono poi le diramazioni per tutti i 15 villaggi sottostanti per una rete di svariati chilometri in più direzioni, intervallata da fontane e rubinetti. Un’opera colossale se si pensa al tempo a disposizione per eseguire i lavori di muratura delle vasche e delle fontane, per scavare i canali nei quali posizionare ed interrare i grossi tubi dopo averli saldati, senza citare imprevisti cambi di percorso e l’allargamento della rete approvata da father John, al fine di accontentare un po’ tutti, compreso qualche mustafà. Sono simpaticamente chiamati così i capi villaggio, gli stregoni.
Invece Padre John Berchman è un giovane missionario indiano, diventato sacerdote a 36 anni, dopo aver lavorato per alcuni anni a fianco di Madre Teresa di Calcutta. Ora è il punto di riferimento per tutte le missioni Pime della PNG ed opera dalla missione di Watuluma dove c’è una scuola per centinaia di bimbi e ragazzi ed un ospedale con 70 posti letto.

A proposito di ospedale, oggi è stata una lunga giornata. Al ritorno, sulla solita strada sterrata e piena di insidie incontriamo una mamma disperata. Giona, questo il nome del figlio che ha pensato bene di farsi trovare sotto una palma proprio nell’istante in cui stava cadendo un coconut che lo ha centrato in pieno sulla testa. Un altro giorno abbiamo accompagnato all’ospedale Irine, già sofferente di scabbia, è stata abbattuta con una pietra mentre si trovava su un albero di mango, a lanciare il sasso un cecchino affamato. La povera, oltre alla fronte interessata da una profonda ferita, nella caduta si è fratturata un braccio. Tempo addietro è stata la volta di Joseph, un bambino simpaticissimo ma un po’ discolo che nel tentativo di spaccare un cocco con il macete si è tranciato di netto parte del pollice della mano sinistra. Tutti questi bambini soccorsi per caso, hanno trovato in tutto il nostro gruppo un profondo senso di solidarietà ed amicizia. C’è chi, osando un po’ di più si presenta tutte le mattine davanti al casone di Lino per fare colazione con noi. E il sorriso aperto e leale di Giusi quando mi ricorda ogni tanto questi momenti indimenticabili… La gioia di questa condivisione è il sentimento che anima questi bimbi. Per un giorno si sentono importanti e fanno colazione su di un tavolo… e quando mai gli ricapita?. La felicità la si può leggere nei loro occhi… poi c’è chi si domanda se è giusto. Siamo in una terra dove crescono in natura certe piante che da noi ci vogliono 20 euro solo per guardarle. In queste terre io mi sento un imperatore, mi sento in debito con non so chi per questa felicità e penso che in cambio dovrò dare qualche giorno della mia vita, morire prima per intenderci. Invece la vita più breve ce l’hanno proprio queste persone. E allora, perchè non far sentire per un giorno imperatori anche loro?  Se penso a quello che avrei voluto io per me stesso alla loro età non posso fare a meno di regalare e continuare a regalare… se poi in cambio riesco a bearmi di un sorriso da chi domani non lo potrà più dare a nessuno, è giustissimo! Ma poi mi passa. Anzi non mi passa perchè mentre sto pensando a questa cosa Irine, con la sua scabbia, il braccio ingessato e la testa ancora fasciata è tornata solo per regalarmi un ananas gigante, poi è scomparsa senza darmi neppure il tempo di cercare qualcosa da regalarle, come fa a passami?

Ma torniamo all’ospedale. E’ la volta del “big boss” assalito da un maiale che lo ha addentato ad un braccio e ad una gamba. Big boss risiede nella parte alta del villaggio e possiede una capanna a tre piani, dotata di ogni comfort. Saloni per essicamento tabacco ed una tavola gialla per armature sopra cui dormire, pannello che ha pensato bene di sottrarre dal nostro cantiere. Ma lui è il capo…
Dicevo di Lino, Lino è un ottimo cuoco e sa fare di tutto, attualmente riveste anche la carica di impresario edile.
Ricordo il primo mattino, nella sua enorme abitazione. Mi sono svegliato alle sei e c’era già un gran movimento. Ho pensato che fosse perchè il primo giorno occorre svegliarsi a quest’ora per non so quale incomprensibile ragione.
Il giorno dopo scopro con grande consolazione che in realtà la sveglia non è alle sei ma alle cinque e trenta. La colazione è alle sei.

La forza del bene come amabilmente ho battezzato questi intrepidi uomini non si ferma davanti a niente. Ci sono le zanzare nell’enorme atrio tra le due costruzioni dove dormiamo? Nessuna paura, sette o otto travi di legno collocate abilmente dall’esterno come sanno fare certi funamboli al circo, qualche ondulato trasparente da fissare acrobaticamente sul tetto, una rete antizanzare che viene fissata al telaio lungo le due pareti e il pericolo non c’è più… Detta così mi è sembrata una sparata del Baldino, degno rappresentante della stirpe dei costruttori di muretto alla fermata del bus.
Ebbene, al mio rientro da Alotau il lavoro è stato fatto e finito nel migliore dei modi.

E gli “sponsor”, e il materiale… materiale donato da aziende o comunque a prezzo di favore e trasportato sulla mitica chiatta. Due escavatori sono già sul posto, chilometri di tubi costosissimi, pannelli di legno per soletta, ferri ed attrezzi di ogni genere ed in grandissima quantità, carriole, badili, secchi, picconi, quattro generatori di corrente, motoseghe, un motorino, una motocarriola e mille utensili vari. La quantità del materiale è tale che, quando c’è stato bisogno di prolungare l’acquedotto, quando cioè si è pensato: ma come, c’è un villaggio in prossimità del mare a Boiama, a soli tre chilometri, vuoi non portare l’acqua potabile anche da loro? Detto fatto!
Poi interi bancali di generi alimentari perchè il Gruppo non può e non vuole pesare sul bilancio di nessuno e si porta da casa anche i viveri per tutto il tempo necessaio, compreso il frigorifero combinato per la loro conservazione. Ma visto che non abbiamo disdegnato l’eccellente cucina di Lino che un paio di volte a settimana è a base di aragosta… tutta la roba portata alla fine si lascia sul posto.

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