Zhang Huan, l’arte vissuta sulla pelle — Lombardi nel Mondo

Zhang Huan, l’arte vissuta sulla pelle

Il volto dell’artista si ricopre di calligrammi fino ad annerirsi completamente con i nomi degli antenati, Vita, morte e rinascita si intrecciano nel percorso di Zhang Huan

Il volto dell’artista si ricopre di calligrammi fino ad annerirsi completamente con i nomi degli antenati Vita, morte e rinascita si intrecciano nel percorso di Zhang Huan, tra gli artisti più interessanti della scena contemporanea cinese e internazionale. Dalle crude performance degli anni Novanta, realizzate all’interno della comunità artistica d’avanguardia dell’East Village, a Beijing, dove il corpo nudo dell’autore si sottoponeva a dure prove, ai più recenti «ash paintings» e «ash sculptures», dipinti e sculture composti con la cenere, 42 opere raccolte in una grande personale al PAC ne ricostituiscono l’itinerario.

Cumuli di ceneri di diverse sfumature di grigio, recuperate dagli incensi bruciati nei templi intorno a Shangai, quali memorie dense e stratificate di migliaia di preghiere evocano una spiritualità che permea gli ultimi lavori di Zhang Huan, «ashman» recentemente convertito al buddismo. «Ashman è il mio eroe, l’incarnazione di innumerevoli anime e desideri; ha i suoi sogni, crede nella giustizia e nell’ordine tra le nazioni, si batte per la pace, è contro le guerre e il terrorismo, vorrebbe rendere il mondo più verde e il genere umano più libero e pacifico».

 

Zhang Huan al Pac

 

Così la cenere si raddensa nelle forme precarie del «Berlin Buddha», installazione del 2007, che vede fronteggiarsi un gigantesco Buddha di cenere, destinato a dissolversi per i movimenti dell’aria o del pubblico, con il suo stesso calco metallico. O in quelle più piccole di teste e teschi moltiplicati in serie; elementi che ricompaiono sulle tele, «dipinti» con le diverse tonalità dei grigi-cenere, che sfumano dal bianco al nero trasformandosi nei ritratti di Mao e nei soggetti ripresi da foto d’epoca, memorie collettive di un passato che torna costantemente all’attenzione dell’artista insieme a ricordi e vicende personali.

 

Nella continua ricerca di una propria, autentica identità, Zhang Huan si muove tra tradizione e contemporaneità, passato e presente, pulsioni individuali e istanze sociali e collettive. Cosi il recupero di tecniche antiche, come il bronzo e l’intaglio su legno, si risolvono nelle grandi sculture a forma di campana, come «Peace», e nelle «Memory Doors», antichi portali intagliati su cui sono applicate serigrafie con scene militari e di vita quotidiana della Rivoluzione Culturale. Ma anche nelle maschere rivestite con pelle di vacca, ricordo dell’infanzia contadina, e nella ripresa dell’iconografia del Buddha riproposta attraverso la riproduzione in scala gigantesca di mani e dita, frammenti stranianti che replicano i resti di antiche sculture raccolti durante un viaggio in Tibet. E ancora nella performance «Family Tree» del 2000, registrata in una sequenza fotografica di grandi dimensioni, dove il volto dell’artista si ricopre di calligrammi fino ad annerirsi completamente nel ripercorrere i nomi degli antenati sino a risalire alla genesi dell’uomo. E infine nei luminosi «Earth Life», oli su tela con ritratti di insetti.

 

Zhang Huan. Pac. V. Palestro 14. Tel. 02.54.27.55. Orari: 9.30-19.30; gio. 9.30-22.30. Euro 6/4. Dal 5 luglio, ore 18.30, a inviti, al 12 settembre. In mostra 42 opere che ripercorrono la produzione dell’artista negli ultimi vent’anni, dagli inizi in Cina, caratterizzati anche da contrasti con le autorità, sospettose su certe sue performance pubbliche; al periodo a New York, dal 1998 al 2005; e quindi il ritorno a Shangai dove l’artista, ormai di notorietà internazionale, appare infine apprezzato dal regime, che lo espone anche nell’attuale Fiera Universale.

 

Rosella Ghezzi

28 giugno 2010(ultima modifica: 07 luglio 2010)

http://milano.corriere.it/milano/notizie/arte_e_cultura/10_giugno_28/vissuto-sulla-pelle-1703280893029.shtml

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